«Vaccinato 217 volte contro il COVID», è una storia vera?

«Si vaccina 217 volte contro il COVID-19». La notizia, nelle scorse ore, ha fatto il giro del web, comparendo sui siti di informazione (ma non solo) e sui social di tutto il mondo. Tra chi si è limitato solo a leggere il titolo e chi invece ha giustamente visionato tutto il testo, il caso ha generato una valanga di commenti, dando nuova linfa ai vari dibattiti legati alla pandemia da coronavirus e riattivando teorie del complotto e no vax. Di che cosa stiamo parlando?
Un uomo tedesco di 62 anni si è vaccinato deliberatamente contro il COVID-19 ben 217 volte. Questa è la notizia diffusa da media e agenzie. Secondo i ricercatori è la «persona più vaccinata della storia», veniva aggiunto. E, non è scontato, è vivo e sta bene.
Perché se ne parla? La vicenda è stata raccontata su The Lancet, prestigiosa rivista scientifica britannica di ambito medico, nell'edizione dedicata alle malattie infettive: The Lancet Infectious Diseases. Il titolo dello studio, pubblicato il 4 marzo, è: «Le risposte immunitarie adattative sono più ampie e funzionalmente conservate in un individuo ipervaccinato». Gli autori dello studio – Katharina Kocher, Carolin Moosmann, Felix Drost; Christine Schülein, Pascal Irrgang e Philipp Steininger – fanno subito una premessa: l'obiettivo era indagare le conseguenze immunologiche dell'ipervaccinazione. Lo spunto è arrivato dalle notizie dei giornali tedeschi, che riferivano di un uomo di 62 anni di Magdeburgo (capoluogo della regione Sassonia-Anhalt) indagato per possibile frode. Un articolo pubblicato dal'AP raccontava la storia dell'allora sessantenne, accusato di essersi sottoposto a circa 90 dosi di vaccino anti-COVID per ottenere altrettanti certificati vaccinali e rivenderli alle persone sprovviste di green pass.
Un'«ipervaccinazione» senza precedenti
«Abbiamo contattato l'uomo e lo abbiamo invitato a sottoporsi a vari test a Erlangen. Ha reagito con molto interesse», ha spiegato il Dr. Kilian Schober. «Volevamo individuare le conseguenze di un'ipervaccinazione come questa. Come altera la risposta immunitaria?». Il 62.enne, come detto, sostiene di aver ricevuto 217 vaccinazioni per motivi privati. Per 134 di queste vaccinazioni – somministrate in un periodo di 9 mesi – esiste una conferma ufficiale. Altre 108 vaccinazioni sono state registrate individualmente e si sovrappongono in parte a quelle confermate dal pubblico ministero. «L'ipervaccinazione è avvenuta al di fuori di un contesto di studio clinico e contro le raccomandazioni nazionali di vaccinazione – scrivono ancora i ricercatori –. Il paziente non ha riportato alcun effetto collaterale legato alla vaccinazione. Da novembre 2019 a ottobre 2023, 62 parametri chimico-clinici di routine non hanno mostrato anomalie attribuibili all'ipervaccinazione». Inoltre, il paziente «non presentava segni di una passata infezione da SARS-CoV-2».
Alcuni scienziati hanno teorizzato che, dopo così tante vaccinazioni, le cellule immunitarie del corpo diventerebbero meno efficaci man mano che si abituano agli antigeni. Per il tedesco di 62 anni non è stato così: secondo i ricercatori, l'uomo aveva «concentrazioni considerevolmente più elevate» di cellule immunitarie e anticorpi contro il COVID-19 rispetto a un gruppo di controllo di tre persone che avevano ricevuto le tre vaccinazioni raccomandate. L'uomo è stato vaccinato con un totale di otto vaccini diversi, compresi diversi vaccini a mRNA disponibili. «Il fatto che non si siano manifestati effetti collaterali degni di nota, nonostante questa straordinaria ipervaccinazione, indica che i farmaci hanno un buon grado di tollerabilità».
Un case report unico che non porta a conclusioni generali
Dai test effettati su campioni di sangue e di saliva non sono emersi problemi di salute, né eventuali segni di infezione da coronavirus patiti in questi anni. «In sintesi», scrivono i ricercatori, «il nostro case report dimostra che l'ipervaccinazione non ha portato a eventi avversi e ha aumentato la quantità di anticorpi e cellule T specifiche senza avere un forte effetto positivo o negativo sulla qualità intrinseca delle risposte immunitarie adattative. Sebbene ad oggi non abbiamo riscontrato segni di infezioni da SARS-CoV-2» nel paziente, «non è possibile chiarire se ciò sia legato al regime di ipervaccinazione«. «È importante sottolineare – concludono – che non approviamo l'ipervaccinazione come strategia per migliorare l'immunità adattativa».
Insomma, è un caso «speciale». Estremizzato. Che, fortunatamente, non ha portato a gravi conseguenze. Tuttavia si tratta di un caso singolo. I risultati non sono sufficienti per trarre conclusioni di ampia portata e tanto meno per formulare raccomandazioni per il pubblico in generale. «Le ricerche attuali indicano che una vaccinazione a tre dosi, associata a vaccini supplementari regolari per i gruppi vulnerabili, rimane l'approccio preferito. Non c'è alcuna indicazione che siano necessari altri vaccini».