Vatileaks, il corvo non è uno solo

Ci sarebbero oltre 20 persone legate alla Santa Sede. L'intervista a Repubblica
AtseAnsa
07.03.2013 10:24

ROMA - «Il maggiordomo del Papa non è l'unico corvo del Vaticano. I corvi sono tanti, più di 20 persone, tutte legate alla Santa Sede. Siamo donne e uomini, laici e prelati. Se abbiamo fatto uscire i documenti dall'appartamento del Papa è stato per compiere un'operazione di trasparenza nella Chiesa. Ora, dopo la rinuncia di Benedetto XVI al pontificato, e alla vigilia del Conclave, il caso Vatileaks continua a tenere banco. E per noi è venuto il momento di tornare a parlare». È quanto afferma uno dei corvi in un'intervista a Repubblica.La persona si definisce un «ex corvo». «Non ci sono più Papi da difendere o verità da far emergere. È tutto nel rapporto segreto compilato dai tre cardinali anziani», spiega. Nel rapporto c'è la storia della lobby gay, che «è verissima: potrei fare nomi e cognomi di cardinali e monsignori, di vescovi e funzionari». Ci sono poi «questioni finanziarie legate allo Ior», la banca vaticana, prosegue il corvo, che sottolinea l'esistenza di altri documenti oltre a quelli emersi: «Il libro 'Sua Santità' non contiene tutti i documenti in possesso di (Gianluigi) Nuzzi».

Per risalire alla nascita di Vatileaks «bisogna fare un passo indietro a circa un paio di anni fa, nel momento in cui il Santo Padre decise di realizzare attraverso monsignor Carlo Maria Viganò un'operazione di razionalizzazione nelle attività economiche dalla Santa Sede, unite all'opera di trasparenza affidata a Gotti allo Ior», spiega il corvo. L'operazione di Viganò fu ostacolata perchè considerata lesiva di determinati equilibri all'interno degli istituti soggetti a verifiche. Così nacque una lobby in Vaticano, composta da persone che lavoravano fra Governatorato, Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, ndr), Segreteria di Stato, Biblioteca, Archivio, Musei, Cei (Conferenza episcopale italiana, ndr), Osservatore Romano, che ha cominciato a dialogare. Abbiamo pensato che rendere noto quello che succedeva nella Curia potesse sollevare l'opinione pubblica scatenando un'operazione di pulizia che avrebbe portato alla trasparenza».L'operazione, i cui mandanti andrebbero cercati «nelle alte sfere», non ha portato alle dimissioni di Benedetto XVI, che «non si è dimesso per Vatileaks. Anzi, la sua presenza continuava a giustificare un determinato andazzo che invece Ratzinger voleva scardinare», dice il corvo. La rinuncia del Papa «è una sfida per ripartire da zero». Il successo di Vatileaks, aggiunge, «dipende da chi sarà il Papa eletto, da quale fazione verrà votato, e da chi sarà alla testa della prossima Segreteria di Stato».

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