Via tablet&co dai vostri figli

di MATTIA BERTOLDI - Curioso come cambia la società nel giro di appena vent'anni: se la mia generazione (da giovane, ma non solo) era sempre invitata a non rincitrullirsi davanti alla Playstation e andare fuori a giocare (o a lavorare), quella attuale è immune a richiami del genere e si trastulla con smartphone e tablet per diverse ore la settimana. Certo, da una parte il videogioco (pardon, l'?intrattenimento multimediale?) ha acquisito una nuova valenza educativa e ricreativa. Ma dall'altra, pare proprio che le precauzioni di molti genitori siano come le scocche degli ultimi modelli di cellulare: sempre più sottili e leggere. Tutto, ormai, passa attraverso i pixel di uno schermo. Una volta i bambini in macchina si annoiavano, ma approfittavano del viaggio per giocare a carta, cantare coi genitori e indovinare la provenienza delle targhe svizzere (SZ e SH erano sempre le più difficili). Oggi ci sono i lettori DVD da appendere al poggiatesta. Una volta al ristorante si disegnava dietro i sottopiatti e si guardavano le figure sul menu. Oggi le custodie dei tablet si trasformano in supporto da tavolo per la gioia dei più piccoli, che non devono così affaticare la colonna vertebrale piegando la testa. Una volta i più grandicelli si incontravano al campetto o al parco e l'unica superficie ?touch? a disposizione era il citofono (?Buongiorno signora, c'è Luca??). Oggi gli appuntamenti si fanno su Facebook e Whatsapp, e se proprio si vuole andare controcorrente si scelgono gli antiquati SMS. Una volta si chiamava a casa della propria fidanzatina nella speranza non rispondesse il padre – la madre era già un buon compromesso. Oggi la trepidazione è rimpiazzata da cuoricini ed emoticon. E così via. Saranno pure i soliti discorsi nostalgici, ma un fondo di verità c'è e riguarda la necessità di limiti. Come ai nostri tempi, quando si contingentava la Playstation (?un'ora al giorno, se piove massimo due?) o il Gameboy con Tetris – le batterie ce le avevano sempre gli adulti, maledizione. Oggi invece i bambini requisiscono i dispositivi digitali ai genitori e questi sorridono, sghignazzano e li invogliano ad andare avanti ?così dopo mi spieghi tu come funziona?. E poi va a finire che i più piccoli aprono le riviste e si stupiscono di fronte al fatto che l'immagine su carta non si ingrandisce al contatto con le dita, mentre un allievo su tre iscritto alle scuole elementari ticinesi è già finito su un sito vietato ai minori secondo quanto riportato dallo studio ?Minori in Internet 2012?, pubblicato sei mesi fa. Ognuno tiri le proprie somme, ma badate bene: non si tratta solo di malinconia per i tempi passati. I nativi digitali rischiano di più perché nell'universo virtuale i pericoli sono numerosi, invisibili e subdoli. E spesso, per di più, gli utenti più giovani non dispongono degli anticorpi necessari per difendersi. Molto meglio allora rimediare qualche ginocchio sbucciato e delle sgraffignate sui polsi all'aria aperta, che poi con il mercurocromio passa tutto (esiste ancora il mercurocromio, no?). Perché in fondo si possono sì scaricare antivirus, programmi per limitare le funzionalità di internet e filtri di protezione per i più piccoli, ma il metodo migliore per evitare ogni minaccia virtuale è dato da un'applicazione sviluppata tanto, tanto tempo fa che tuttavia non passa mai di moda. Non ha bisogno di essere scaricata, e gli aggiornamenti sono gratuiti e frequenti. Si chiama Vita Vera. Installatela nei vostri bambini, se vi capita.