Il reportage

Viaggio nella Polonia delle «LGBT-free zones»

Nel Paese ci sono comuni e regioni vietate a lesbiche, gay, bisessuali e transgender - Siamo andati a visitarle
Una manifestazione LGBT contro Duda a Cracovia. © CdT/ Filippo Rossi
Filippo Rossi
19.09.2020 06:00

Da due anni, la comunità LGBT (Lesbiche, gay, bisessuali e Transgender) polacca è costantemente sotto attacco da parte di politici, società civile e della frangia più conservatrice della chiesa cattolica, accusata di voler importare una nuova ideologia che metterebbe in pericolo il modello di famiglia tradizionale. Reportage dai fronti caldi.

Tutto è iniziato con la crescente richiesta della comunità LGBT di ottenere pari diritti civili, come il matrimonio o l’adozione. Un bersaglio perfetto per il partito di maggioranza Diritto e Giustizia (PiS), che ha criticato la loro causa secondo i propri orientamenti politici. Risultato? La promozione delle cosiddette «LGBT-free zones», intere regioni e comuni che hanno introdotto risoluzioni apertamente anti-LGBT. Siamo andati a visitarne una.

Wilamowice. Polonia meridionale. «Ci troviamo in una LGBT-free zone, siamo off-limits ora» dice sarcastico e un po’ nervoso Sławomir Konkol, mentre la macchina oltrepassa il cartello di benvenuto del piccolo comune non lontano dalla cittadina di Bielsko-Biała. Al volante c’è Aleksandra Głowacka. Entrambi sono attivisti di un’organizzazione LGBT: «Non ci arrestano se veniamo qui»- continua Konkol- «Ma non ti senti il benvenuto» ribatte poi la sua compagna. Da ottobre dell’anno scorso, Wilamowice ha introdotto la «carta in favore dei diritti della famiglia», una risoluzione in difesa della famiglia tradizionale -definita come l’unione fra un uomo e una donna. «È come se le autorità fossero sempre meno dalla tua parte e dessero l’opportunità a qualcuno che vuole stigmatizzarti, gli strumenti per farlo» afferma ancora Konkol. L’auto si ferma di fronte alla chiesa cattolica, centro nevralgico del Paese. «Vivendo qui, devi sempre nascondere la tua identità. Devi essere coraggioso» -raccontano. «Per ora bastano la quantità di insulti che riceviamo. Ci dicono che dovrebbero riaprire Austchwitz così che Hitler possa prendersi cura di noi. Insomma, dire qualcosa del genere proprio qui? A quanti chilometri dista il campo?» – «Non saprei, 20,30 chilometri?» reagisce Głowacka. «È nauseante. Noi vogliamo solo vivere tranquillamente e sposarci. Andare in giro mano nella mano con il mio ragazzo. Ma lui è terrorizzato» conclude Konkol.

Linguaggio diplomatico

Wilamowice è uno dei circa 100 comuni polacchi – circa un terzo del territorio, secondo l’Atlas dell’odio, una mappa online sviluppata da alcuni attivisti – che dall’aprile del 2019 hanno introdotto una risoluzione anti-LGBT. Se all’inizio si parlava esplicitamente di «carte contro l’ideologia LGBT», in un secondo tempo i promotori hanno redatto la «carta in favore dei diritti della famiglia». Qui troviamo una lista di misure concrete che le autorità possono prendere per escludere intere parti della comunità incitando gli abitanti a rispettarle. «Sono più pericolose e facili da implementare proprio per il loro linguaggio diplomatico. Difatti non menzionano nemmeno la parola LGBT» commenta l’attivista di Cracovia, Magdalena Dropek.

È nato così il fenomeno delle LGBT-free zones (Zone libere dall’ideologia LGBT), nome coniato dopo che il magazine Gazeta Polska ha distribuito a livello nazionale degli sticker con incise queste parole. È diventato il marchio di fabbrica. Anche Cracovia, seconda città polacca e molto internazionale, ne fa parte. Il Voivodato (regione polacca) della Piccola Polonia, che ha Cracovia come capoluogo, è stata una delle prime regioni ad adottare le risoluzioni nell’aprile 2019.

«È triste pensare che nel XXI secolo, nel mezzo dell’Unione europea e in una città aperta come Cracovia, siamo messi ai margini della società» commenta Dropek. Kamil Maczuga, altro attivista di Cracovia, tiene tuttavia a ribadire che «almeno viviamo in una grande città. Io sono più preoccupato per i villaggi, molto legati alle tradizioni. È lì che gli LGBT soffrono».

Nessun valore legale

Le LGBT-free zones non hanno nessun valore legale, ma hanno una grande valenza simbolica. «L’anno scorso, in uno di questi comuni, volevamo proiettare un film con la mia organizzazione LGBT. Ci hanno detto che non avrebbero organizzato eventi ideologici. Due mesi dopo, con i fondi pubblici, hanno organizzato un evento omofobo, al quale erano presenti tutte le autorità. Ho ascoltato 4 ore di fake news sul nostro conto» dichiara sconcertata Dropek.

Secondo il commissario per i diritti umani polacco (ombusdman), Adam Bodnar, «hanno un valore normativo e quindi sono anticostituzionali. I comuni non hanno il potere di votare questo tipo di dichiarazioni perché discriminano apertamente una parte della comunità, escludendola da servizi e attività locali».

Ovvio che sul fronte LGBT ci si chieda se il Governo, controllato dal partito di maggioranza Diritto e Giustizia (PiS), non stia incitando la promozione di queste zone, mettendo però in prima linea varie organizzazioni ultraconservatrici e pro-famiglia. La più conosciuta di queste è Ordo Iuris, un istituto di avvocati di Varsavia, molto influente a livello politico.

Le ragioni pro...

L’argomento principale per giustificare le zone è quello della cosiddetta invasione da Occidente dell’ideologia LBT, un concetto nato già qualche anno fa dalla retorica di Jarosław Kaczynski e del suo partito PiS. L’ideologia LGBT, secondo questa visione, «vuole cambiare il ruolo della famiglia tradizionale e introdurre una forma promiscua di educazione sessuale per i bambini, che si basa totalmente sulla biologia» spiega il direttore dell’ufficio culturale di Ordo Iuris, Tymoteustz Zych. «Se le prime dichiarazioni contro l’ideologia LGBT fanno parte della libertà d’espressione, noi abbiamo redatto e promosso solo quelle per i diritti della famiglia, che non menzionano affatto gli LGBT e che sono fatte per difendere il matrimonio. La famiglia tradizionale, oltre ad essere un’unione speciale, è l’ambiente perfetto per educare i figli. Chi invece cresce con genitori omosessuali, ed è provato da studi, tende a non avere una vita stabile e a trovare lavoro più difficilmente».

...e quelle contro

A Zych risponde Hubert Sobecki, attivista Lgbt dell’ONG «L’amore non esclude». Parlando di Ordo Iuris Sobecki osserva che «le loro carte sono scritte con un linguaggio molto intelligente. Per farle passare, inviano dei cosiddetti esperti a parlare con le autorità dei comuni che poi le approvano, impauriti da quello che succederebbe alle loro famiglie se non lo facessero. Ordo Iuris è molto potente. Ha uomini anche nella corte costituzionale. È pericoloso, soprattutto perché, dopo aver visionato video delle discussioni nei vari comuni, si capisce che i politici non hanno la minima idea di quello che stanno votando».

Le LGBT-free zones sarebbero nate come reazione a una carta in favore della protezione degli LGBT, adottata dal nuovo sindaco di Varsavia nel febbraio del 2019: «È un semplice documento che protegge la comunità LGBT ma non è stato ancora implementato – spiega Bodnar – Al suo interno però si fa riferimento anche all’introduzione di una forma di educazione sessuale secondo standard approvati dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). I più conservatori si sono opposti a proprio a questo».

Kazimierz Przeszowski, direttore della ricerca presso il «Centro per la famiglia e la vita» di Varsavia, una delle organizzazioni che più si è opposta alla carta, spiega che «le organizzazioni LGBT sono molto potenti. Hanno fatto firmare al sindaco di Varsavia una carta senza nemmeno fargliela leggere. Penso che, come molti miei compatrioti, l’adozione e il matrimonio dello stesso sesso non appartengano alle nostre tradizioni. E l’educazione sessuale dell’OMS si basa solo sul piacere sessuale. Ma non c’è tolleranza per chi la pensa differentemente». Dall’altro lato, Marek Szolc, membro LGBT del consiglio comunale di Varsavia e redattore del documento ribatte: «La quantità di fake news che politici e organizzazioni conservatrici hanno rilasciato, ha reso legittimo il fatto di essere pubblicamente anti-LGBT».

Un problema politico

«Non penso che i polacchi siano omofobi. Qui c’è sempre stata una grande tolleranza nei confronti di tutti» commenta Cezary Gawrys, redattore della rivista cattolica moderata Więc. «Ma gli LGBT sono entrati nel mirino della politica autoritaria di PiS, che mantiene il potere fomentando la paura. Prima erano i rifugiati. Oggi sono loro. Kaczynski ha trovato un nuovo nemico, trovando un alleato molto utile: la Chiesa cattolica. L’arcivescovo di Cracovia ha paragonato la peste rossa, ovvero il comunismo, a quella nuova: quella arcobaleno».

Bodnar ha però deciso di reagire, citando in giudizio nove fra comuni e regioni che hanno adottato queste dichiarazioni, presso le corti amministrative locali. Fra luglio e agosto ha ottenuto 5 risposte, 3 delle quali positive. La sua rappresentante legale, Milena Adamczewska-Stachura, che ha presieduto le udienze, spiega che «finora le corti che ci hanno dato ragione hanno chiesto di eliminarle. A Cracovia invece, il tribunale ha deciso per la non entrata in materia di altre due. È comunque un forte precedente per la protezione degli Lgbt, anche se non definitivo, perché la controparte potrà appellarsi alla corte suprema amministrativa». Ordo Iuris, attraverso l’analista legale Nikodem Bernaciak, risponde a tono: «Abbiamo spiegato ai giudici il vero motivo delle dichiarazioni e siamo pronti a difendere chi vorrà fare ricorso».

La posizione di Bruxelles

L’eco di questa lotta è arrivata a Bruxelles. Nel dicembre del 2019 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione condannando le LGBT-free zones polacche. Le prime ritorsioni sono arrivate in luglio, quando l’UE ha proibito l’erogazione di fondi comunitari - per un progetto di gemellaggio- a sei comuni polacchi diventati LGBT-free. Zbigniew Ziobro, ministro della giustizia polacco, ha condannato la decisione europea esortando l’UE a «trattare tutti i suoi cittadini in maniera eguale, rispettando la libertà d’espressione». Il governo polacco ha però deciso di sostenere i sei comuni con i fondi mancanti.

"Oggi mi sento in pericolo nel mio Paese"

«Oggi mi sento in pericolo nel mio Paese» commenta Magdalena Dropek, attivista LGBT di Cracovia mentre un uomo le dice di andare in chiesa a confessarsi. È una domenica d’estate. Manca una settimana al primo turno delle elezioni presidenziali polacche. Duda è il favorito. Una manifestazione LGBT è stata indetta in piazza del mercato a Cracovia per protestare di fronte a un comizio del candidato presidenziale nonché presidente in carica Adrzej Duda. Piove a dirotto ma le bandiere arcobaleno sventolano, contrapposte ai volantini con scritto «Duda 2020» e al presidente che grida sul palco. I suoi sostenitori urlano il suo nome. Lo acclamano. Gli LGBT invece mettono I want to break free dei Queen, per contestare le parole pronunciate qualche giorno prima. Duda – principale alleato di PiS- ha usato in campagna elettorale la carta anti-LGBT sostenendo che «non sono persone, ma sono un’ideologia peggiore del comunismo». Ha anche promesso un emendamento della costituzione per proibire l’adozione da parte di coppie omosessuali.

«Quelli non sono famiglia, sono spazzatura» grida Anna, una sostenitrice di Duda. «LGBT è sinonimo di pedofilia» ribatte poi Michał. «Quelli lì – indicano due uomini con tono concitato – sono l’anticristo». Le provocazioni non mancano nemmeno dall’altro lato: «Duda sei un idiota» gridano alcuni attivisti. «Non siamo ideologia».

«Sentire un Presidente parlare così di una parte della propria popolazione, è triste. Il suo fine è politico ma gioca con la nostra vita» commenta Kamil Maczuga, attivista locale.

La strategia di Duda e di PiS è stata vincente per anni. Al ballottaggio del 12 luglio difatti, il Presidente ha portato a casa un nuovo mandato quinquennale vincendo per pochi punti. A dimostrazione della spaccatura nella società del Paese, queste elezioni sono state le più sentite dal 1989, con un’affluenza del 70%. «La causa LGBT è riuscita a ribaltare le elezioni regionali, europee e presidenziali degli ultimi anni. Ma è un finto problema usato dai politici per nascondere quelli veri» commenta Jakub Urbanik, professore di diritto all’università di Varsavia e rappresentante della comunità LGBT – «Pensavamo che dopo le elezioni le cose si tranquillizzassero, dal momento che non c’era più un’utilità politica. Ma sono peggiorate. Anzi i politici legittimato gli insulti nei nostri confronti. Hanno svegliato una bestia che difficimente scomparirà».

Urbanik, quando esce si mette sempre la mascherina protettiva con i colori arcobaleno. Ora non si sente tranquillo. Nemmeno nella cosmopolita Varsavia: «La violenza è aumentata. A volte mi chiedo se non sia meglio cominciare a nascondere la mia identità. Durante le elezioni una finestra dove vivevano due omosessuali è stata vandalizzata con una scritta «qui vivono due fr**i del c***o. Sappiamo bene che la violenza fisica passa prima dalle parole. E noi siamo già alla fase successiva». Subito dopo le elezioni, tre attiviste LGBT sono state arrestate e una di queste condannata a mesi di prigione per aver vandalizzato un furgoncino di un’organizzazione ultra conservatrice che girava spargendo messaggi omofobi e comparando gli LGBT ai pedofili (ora è stata rilasciata). In agosto, durante una manifestazione in loro sostegno, la polizia ha accerchiato i manifestanti, arrestandone una cinquantina. «Ero lì – dichiara Urbanik – la polizia ha picchiato e fatto sparire molta gente. Per ore non si sapeva dove fossero. Io rimango convinto che sia tutto un gioco politico sporco del partito PiS e dei suoi partiti satelliti. Soprattutto ora, si vede che c’è una lotta interna e per mostrare chi ha più potere, se la prendono con noi».

«Molti attivisti vivono con antidepressivi per il numero di insulti e minacce ricevuti. Vivi sperando che tutto vada meglio. Inoltre, alcune statistiche riportano che il 70% dei giovani LGBT hanno pensieri suicidi». Sobecki, accende tre candele posate sulle foto di tre giovani LGBT che si sono suicidati a giugno. Siamo sulla via Ujazdowskie, in centro a Varsavia. È un piccolo gesto con un grande significato.

"Un'ideologia importata dall'Occidente"

La battaglia sulla cosiddetta «ideologia LGBT» si protrae ormai da due anni. È stata avviata da Jarosław Kaczynski e dal suo partito Diritto e Giustizia (PiS) che l’ha interpretata come l’invasione di una nuova forma di ideologia proveniente da Occidente, che metterebbe in pericolo i valori tradizionali del matrimonio. Una mossa avanzata in un momento in cui la comunità LGBT cominciava ad avere molta più visibilità a livello politico, chiedendo pari diritti civili e organizzando molti più eventi.

La Chiesa

Grande alleato di PiS in questa battaglia è la parte più conservatrice della Chiesa cattolica. Secondo i suoi detrattori in questo modo è riuscita però a distogliere l’attenzione mediatica dai vari scandali legati alla pedofilia del clero e a indirizzarla sul tema Gender. Il seminarista di Danzica Jan Uchwat ci ha spiegato che «secondo il catechismo l’omosessualità o ogni tipo di deviazione sono peccato e non possono essere accettati. Perciò, i politici, da buoni cattolici, seguono questo dogma».

«Vogliamo che si nascondano»

Il portavoce del gruppo nazionalista e di estrema destra All Polish Youth, Mateusz Marzoch commenta: «Siamo un Paese cattolico. Non vedo come si possa accettare il matrimonio omosessuale. È una cosa innaturale. Ci sono dati che mostrano come nelle coppie omosessuali che vogliono adottare, ci siano più casi di abusi che in quelle eterosessuali. La loro relazione si basa solo sul sesso. Ecco perché vogliono i bambini, per abusarne. Non vogliamo arrestarli, possono vivere la loro vita. Chiediamo solo che si nascondano». Nel Paese inoltre, alcuni politici e uomini di Chiesa hanno paragonato gli LGBT ai pedofili.

Complottismi

Le accuse contro di loro sono iperboliche e il complottismo dilaga. Oltre alla pedofilia e al cambiamento della società, si parla di fondi provenienti da Soros e dalla Germania per sostenerli e della presenza di un piano per diminuire la popolazione.

«Non istigate i nostri bambini»

Fra i gruppi più conservatori, spiccano alcune associazioni che rielaborano il concetto alla loro maniera: «Non abbiamo nulla contro gli LGBT – spiega Magdalena Czarnik, vice-direttrice dell’associazione “Genitori che proteggono i bambini” di Cracovia - Ma non vogliamo che vengano nelle nostre scuole istigando i nostri bambini a provare nuovi orientamenti sessuali. È parte della loro propaganda, come l’invenzione delle LGBT-free zones, che non esistono. Noi non ci piegheremo al loro Diktat».

«Gli interessa solo il piacere»

Così anche Kazimierz Przeszowski, direttore della ricerca del «Centro per la famiglia e la vita» di Varsavia: «I dati che dimostrano che una relazione stabile e solida fra un uomo e una donna sia la condizione migliore per crescere un figlio. Non possiamo mettere sullo stesso piano un matrimonio e una relazione che si ferma al piacere sessuale».