Il caso

Viktor Orbán contro l'Unione Europea: «Patetica potenza mondiale»

Mentre a Bruxelles si discuteva su come aiutare l’Ucraina, il premier ungherese in un comizio a Budapest ribadiva di non volere Kiev come Stato membro - Sull’uso dei beni congelati di Mosca raggiunto soltanto un compromesso
Il premier ungherese Viktor Orbán ieri in piazza Kossuth, a Budapest, ha attaccato l’Unione Europea e l’Ucraina. ©AKOS KAISER / HANDOUT
Dario Campione
23.10.2025 19:30

Un «mandato politico» per elaborare una proposta legislativa formale sull’utilizzo dei beni russi congelati da quando è iniziata la guerra. Un mandato, però, a 26, con l’esclusione dell’Ungheria di Viktor Orbán, ormai da tempo fedele più al Cremlino che all’Unione. E l’atteggiamento molto prudente del Belgio, Paese che detiene la maggior parte degli asset di Mosca bloccati in Occidente.

È questa la posizione di puro compromesso scaturita, questa sera, dalla lunghissima riunione del Consiglio europeo, convocato a Bruxelles per discutere i nuovi aiuti all’Ucraina e il 19. pacchetto di sanzioni contro Mosca. Il mandato politico permetterà di guadagnare ancora un po’ di tempo, nella speranza che Vladimir Putin accetti quantomeno un cessate il fuoco. E darà modo agli esperti di Commissione e Parlamento europei di avviare il lavoro tecnico-giuridico necessario per riuscire a presentare una proposta entro il prossimo Consiglio europeo di dicembre. Un lavoro nel quale sarà coinvolta pure la presidente della BCE, Christine Lagarde.

Il prestito garantito

La posizione del Belgio, come detto, rimane prudente, vincolata a garanzie giuridiche precise. Il premier Bart De Wever avrebbe insistito per inserire nelle conclusioni del vertice una serie di precisazioni legate al funzionamento del meccanismo di garanzie e ha chiesto rassicurazioni sul fatto che il Belgio non resti esposto sul piano legale.

Secondo quanto scritto da Jennifer Rankin sul Guardian, l’Ucraina otterrebbe un prestito - 140 miliardi di euro in tre anni - garantito sulle attività della Banca Centrale russa immobilizzate dalle sanzioni UE nel febbraio 2022. Circa due terzi dei 290 miliardi di euro di asset russi in Occidente - per lo più titoli di debito sotto forma di titoli di Stato - sono detenuti presso Euroclear, un depositario centrale di titoli a Bruxelles. Il piano europeo non prevederebbe la confisca dei beni sovrani della Russia: al termine della guerra, l’Ucraina rimborserà l’UE utilizzando una compensazione teorica ricevuta dalla Russia per l’invasione. Una volta che la Russia pagherà le riparazioni - un’ipotesi chiave ma del tutto incerta del piano - l’UE toglierà le sanzioni e Mosca potrà recuperare i suoi beni congelati. «Nessuno sa che cosa accadrà se la Russia si rifiutasse di pagare le riparazioni o se la guerra continuasse a tempo indeterminato».

Il comizio di Budapest

Ai dubbi e ai tentennamenti del Belgio, oggi si sono unite nuovamente le posizioni apertamente ostili all’Ucraina manifestate dall’Ungheria, il cui premier Viktor Orbán ha disertato il Consiglio europeo per partecipare, in patria, alle manifestazioni celebrative del 69. anniversario della rivoluzione del 1956. Curiosamente, ricordando la rivolta ungherese contro l’oppressore moscovita, il primo ministro magiaro si è ancora una volta allineato alle posizioni di Putin, schierandosi contro gli altri Paesi dell’Unione. Una sorta di ribaltamento della storia, quasi una terribile nemesi. Ma al contrario.

L’Ucraina può diventare un partner strategico dell’Unione europea, ma non uno Stato membro, ha detto Orbán nel suo comizio a Budapest. «Vogliamo che l’Ucraina sia un nostro partner strategico nella UE, ma non vogliamo e non saremo parte della stessa alleanza con Kiev. L’Ucraina non può entrare né nella nostra unione militare né in quella economica: porterebbe la guerra, ci toglierebbe risorse e distruggerebbe la nostra economia. Partnership, sì; adesione, no. Questo è ciò che vuole il popolo ungherese».

Ma Orbán è andato oltre. Ha attaccato direttamente l’Unione che, a suo avviso, impedisce la fine della guerra in Ucraina finisca. Bruxelles «si considera pateticamente una potenza mondiale - ha detto il premier ungherese - e la guerra non sarebbe scoppiata se Donald Trump fosse stato presidente nel mandato precedente all’attuale. Vogliono tirarci fuori dalle tasche altre decine di miliardi a causa della guerra in Ucraina, Bruxelles vuole dividere l’Ucraina come i colonialisti. È più semplice comprare un Paese, dividerlo durante una guerra. L’Ucraina non è più sovrana da tempo, non è più indipendente, il suo destino è nelle mani di altri».

Minacce e blandizie

Oltre a Orbán, oggi si è fatto sentire anche Vladimir Putin, il quale mantenendo fede al suo tradizionale modo di interpretare la politica, ha lanciato insieme duri avvertimenti e proposte di trattative.

«Le nuove sanzioni annunciate da Trump sono un atto ostile e non rafforzano le relazioni russo-americane - ha detto il leader del Cremlino - si tratta di un tentativo di mettere pressione su Mosca, ma nessuna nazione che abbia rispetto di sé stessa fa mai niente sotto pressione». E a proposito della possibile fornitura di missili Tomahawk a Kiev, Putin ha parlato di «un tentativo di escalation. Se tali armi venissero utilizzate per colpire il territorio russo, la risposta sarebbe forte, se non addirittura schiacciante. Lasciamo che ci pensino».

Dopo le minacce, come detto, le blandizie. «Il presidente Trump ha deciso di annullare o rinviare l’incontro di Budapest. Ma noi continuiamo a sostenere il dialogo, che è sempre meglio di qualsiasi scontro, di qualsiasi disputa e, soprattutto, della guerra. Abbiamo sempre favorito la prosecuzione del dialogo, e questo è vero anche ora», ha aggiunto.