Arte

Vittorio Sgarbi e la Sagrada Família: poesia di un’architettura senza fine

Dopo 44 anni di attesa è stata annunciata per l’8 dicembre l’inaugurazione della nuova torre, dedicata alla Vergine Maria - Vittorio Sgarbi ci ha raccontato la bellezza e la peculiarità della Basilica, unica nel suo genere
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Irene Solari
16.11.2021 06:00

Quasi 140 anni di lavoro e impegno dedicati a un’opera tuttora incompiuta. Incompiuta sì, ma non ferma o morta. La Sagrada Família di Antoni Gaudì è sempre stata in costante e armonica crescita. Ora, dopo 44 anni di attesa, è stata annunciata per l’8 dicembre – la festa dell’Immacolata Concezione – l’inaugurazione della nona torre. La torre dedicata alla Vergine Maria.

La Sagrada Família è senza dubbio una delle opere architettoniche più famose e più visitate al mondo. Ma quanto possiamo dire di conoscerla realmente? Come si può spiegarne la complessità artistica e il fascino dell’incompiutezza? Questi tratti sono talmente peculiari da renderla un unicum anche ai nostri giorni. Per provare dunque a comprendere l’essenza della Sagrada Família abbiamo domandato a Vittorio Sgarbi, illustre critico e storico dell’arte, di guidarci attraverso questa incompiuta e quindi inesauribile fonte di ispirazione artistica.

«Architettura senza fine»
L’inizio dei lavori della Basílica i Temple Expiatori de la Sagrada Família (la Basilica e il Tempio espiatorio della Sacra Famiglia) avvenne nel 1882, sotto la guida dell’architetto Francisco de Paula del Villar y Lozano, che stabilì per la cattedrale uno stile neogotico. L’anno successivo Gaudì – all’epoca 31.enne – subentrò come progettista e decise di mutarne le linee architettoniche ricercando uno stile più naturalista. Non più soltanto il neogotico puro, ma una sorta di unione e completamento dello stile architettonico con l’ispirazione che gli veniva dalle forme della vegetazione o dalle strutture ossee. Così Sgarbi ci racconta la sottile poesia che accarezza, da quasi un secolo e mezzo, un’opera unica e viva: «La Sagrada Família è architettura senza fine». È senza dubbio un’espressione dell’artista verso il divino, «un’architettura che viene concepita come grande omaggio alla Chiesa e alla tradizione gotica». E che continua a perdurare nel tempo, che «non è mai finita».

Una simile forma di ispirazione è al di là degli stilemi classici, ci spiega Sgarbi: «Presuppone una forma di creatività spontanea che va oltre quella degli architetti. È creatività della natura. La Sagrada Família è più natura che architettura». E infatti non si ferma. Il tempo non la scalfisce, ma anzi, l’arricchisce. «Questa chiesa è come un albero che cresce, è in movimento».

Il legame e la devozione che intercorrono tra l’artista e la natura appaiono evidenti, soprattutto se si pensa agli interni della basilica. Ma si ritrovano anche nella particolarità, espressamente ricercata da Gaudì, per la quale l’altezza finale della Sagrada Família non superasse quella del promontorio catalano del Montjuïc. Poiché la sua opera, e quella dell’uomo in generale, non doveva essere superiore a quella di Dio nel creato.

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«Un prolungamento della vita»
I lavori per la Sagrada Família coinvolsero profondamente il maestro. Vi dedicò 43 anni – gli ultimi, prima della tragica scomparsa – della propria vita, desiderando essere sempre presente sul cantiere, immerso in continui rimaneggiamenti. Gaudì sapeva che non sarebbe arrivato a vedere il completamento della sua basilica. Sia per la maestosità e l’ampiezza del progetto, sia per la definizione dei dettagli e la loro continua modifica, che l’artista voleva seguire personalmente e minuziosamente. Il progetto stesso di Gaudì era per una continuità artistica, come ci spiega Sgarbi: «Ha creato un’architettura aperta, non è mai arrivato a chiuderla». Gaudì sapeva che la chiesa sarebbe cresciuta anche dopo di lui.

Un caso unico, conferma Sgarbi, di un’opera incompiuta ma in costante lavorazione in un così lungo periodo di tempo.

Ma qual era il legame tra Gaudì e la sua creazione? «Un rapporto che è come per Manzoni con i Promessi Sposi» risponde Sgarbi, «si tratta di grandi artisti che hanno fatto cose importanti, ma una sola opera li lega al destino della loro vita. Questa è l’opera sulla quale l’artista si concentra, ritocca e cambia continuamente. È come un prolungamento della propria vita».

L’interpretazione e il tempo
Sono passati quasi 140 anni di lavori, verrebbe da chiedersi se lo stile che vediamo oggi è ancora fedele a come l’aveva immaginato Gaudì, oppure se in tanti anni di lavoro sia avvenuta una naturale evoluzione. «Sicuramente c’è stato un cambiamento» conferma Sgarbi, «quello che ha realizzato Gaudì, e a cui ha potuto assistere, era la facciata della Natività con alcune delle torri in costruzione. Poi i suoi disegni sono stati successivamente interpretati e le parti plurime riprodotte». In effetti, la maggior parte degli schizzi e dei progetti del maestro andò persa 10 anni dopo la sua morte, in un rogo appiccato da gruppi anticlericali che colpì il laboratorio di Gaudì. Gli originali perirono, insieme anche ad alcuni modellini in scala che indicavano agli architetti come procedere nei lavori. Questo fatto portò naturalmente a dei rallentamenti nella costruzione della Sagrada Família. Ma gli architetti impegnati sul cantiere lavorarono per ricostruire, capire e riavvicinarsi il più possibile all’idea originale di Gaudì. Nel corso degli anni la direzione dei lavori è passata sotto la maestria di diversi architetti, tra i quali Bonet i Armengol, Puig i Boada, Quintana, Cardoner e Faulí i Oller (l’attuale direttore dei lavori).

La torre della Vergine: relazione tra arte e divino
La nuova torre, dedicata alla Vergine Maria, sarà alta 138 metri, sormontata da un’imponente stella illuminata a dodici punte dal diametro di 7,5 metri e contornata alla base da una corona ascendente composta da dodici piccole stelle. Un numero simbolico questo, ritenuto perfetto nella tradizione cristiana, indice di completezza divina e naturale e spesso associato alla Madonna. L’architetto Jordi Faulí i Oller ha spiegato che la torre, una volta completata dalla stella, sarà la seconda più alta della basilica e che «brillerà come un nuovo astro nel cielo di Barcellona». Sgarbi ha mostrato di apprezzare questo evento, arrivato dopo tanti anni di attesa. «Sicuramente c’è entusiasmo nel vedere che in Spagna la fede e le opere pubbliche hanno una relazione» ci spiega, precisando anche di essere felice nel vedere che vengano ancora realizzate chiese armoniche ed esteticamente pregevoli, citando anche l’esempio delle creazioni di Mario Botta. E, ritornando sulla Sagrada Família, conclude: «Qui parliamo di una delle chiese più imponenti del mondo e l’idea che si inauguri la torre della Vergine, oltretutto nel giorno dell’Immacolata Concezione, rassicura sul rapporto fra l’arte e Dio».