Voto annullato, galeotto fu l’opuscolo informativo

Tutto da rifare, e per il Ticino è una prima assoluta. L’esito della votazione cantonale del 9 febbraio 2020 sull’iniziativa popolare «Le vittime di aggressioni non devono pagare i costi di una legittima difesa» è stato annullato dal Tribunale federale e, dunque, i cittadini saranno richiamati alle urne a settembre. Il ricorso del «Guastafeste» Giorgio Ghiringhelli, lo ricordiamo, verteva sull’opuscolo informativo trasmesso alla cittadinanza in vista della votazione, e in particolare sull’affermazione che l’iniziativa popolare avrebbe comportato una disparità di trattamento e la violazione del diritto federale. E la sentenza del Tribunale federale, che ha accertato un’irregolarità nella libera formazione della volontà e nell’espressione fedele del voto dei cittadini, è certamente destinata a fare rumore e a ritagliarsi un posto nelle storia politica recente del cantone.
La questione giurassiana
In Svizzera, in passato, si sono verificati alcuni casi di annullamenti di votazioni cantonali e comunali. L’ultimo in ordine cronologico riguarda quella del giugno 2017 a Moutier. In quell’occasione, per 137 voti di scarto, gli abitanti avevano approvato l’adesione al Giura. Il Tribunale amministrativo del Canton Berna aveva però constatato «gravi violazioni del diritto» da parte delle autorità filo-autonomiste. Il comune di Moutier, in qualità di organizzatore del voto, «non poteva prendere posizione nel dibattito con la stessa libertà degli altri attori». I giudici bernesi avevano inoltre ritenuto che prima della votazione ci fosse stata una propaganda inammissibile da parte delle autorità filoseparatiste di Moutier, soprattutto dal suo sindaco Marcel Winistoerfer. L’esito del voto era stato annullato e i cittadini erano tornate alle urne il 28 marzo scorso. In quell’occasione, con un sostegno superiore a quello della votazione del 2017 – 2114 sì contro 1740 – Moutier era definitivamente diventata una città giurassiana.
Un caso storico
Il caso più eclatante risale però all’aprile di due anni fa, quando il Tribunale federale annullò nientemeno che una votazione federale. Una prima dalla creazione dello Stato federale, nel 1848. Anche in quel caso, «galeotto» fu l’opuscolo informativo relativo all’iniziativa popolare lanciata dal PPD denominata «Per il matrimonio e la famiglia - No agli svantaggi per le coppie sposate. Il 26 febbraio 2016, era stata respinta con una maggioranza del 50,8% soltanto, ossia una differenza di 55.072 voti. Il testo aveva inoltre ottenuto la maggioranza in 16 cantoni e un semicantone. Ebbene, il Governo, che raccomandava il ‘No’, aveva scritto che «circa 80.000 coppie di coniugi con doppio reddito e numerose coppie di coniugi pensionati pagano un’imposta federale diretta più elevata delle coppie non sposate che si ritrovano nella stessa situazione economica». In altre parole, per il Consiglio federale non era necessario intervenire, poiché solo una piccola parte delle coppie sposate pagava più imposte rispetto ai concubini.
Un anno e mezzo più tardi, nel giugno 2018, l’Amministrazione federale delle contribuzioni aveva però reso noto che il numero di coppie sposate con doppio reddito penalizzate fiscalmente era ben più elevato: 454 mila invece di 80 mila. Nel primo conteggio erano state erroneamente escluse le coppie che lavorano con figli. Secondo l’Alta Corte federale, «il carattere incompleto e la mancanza di trasparenza delle informazioni fornite dal Consiglio federale» avevano violato la libertà di voto dei cittadini. Visto l’esito molto risicato, le irregolarità «gravi» che erano state constatate «hanno potuto incidere sull’esito dello scrutinio».
L’amnistia fiscale, caso analogo ma non troppo
Torniamo infine al nostro Cantone. Nel 2015, sempre il Tribunale federale aveva annullato l’amnistia fiscale cantonale – votata dal Gran Consiglio a fine 2013 e accettata in votazione popolare il 18 maggio 2014 – in quanto ritenuta non conforme al diritto superiore. Secondo l’Alta Corte, le disposizioni avevano leso i principi costituzionali dell’eguaglianza giuridica, della generalità, dell’uniformità e dell’imposizione secondo la capacità economica ed erano inoltre contrarie ad alcuni principi della legge sull’armonizzazione delle imposte dirette. In quell’occasione, è bene ribadirlo, non venne annullata la votazione bensì l’oggetto della stessa e il popolo non venne rimandato alle urne.