Xenia Tchoumi: «Non vedo un Ticino immobile, ma moderno»

Alla decina di milioni di persone che la seguono sulle reti sociali Xenia Tchoumi affiancherà presto gli oltre 70.000 lettori de La Domenica, con cui si accinge a iniziare una collaborazione. Ogni due settimane l’imprenditrice ticinese trapiantata a Londra fornirà il suo punto di vista sui più disparati temi, illustrerà parte di un mondo, il suo, che lei stessa non poteva immaginare quando ancora studiava all’università di Lugano.
Signora Tchoumi, da dove iniziamo?
«Iniziamo dal concorso di Miss Svizzera, che non ho vinto io bensì la mia meravigliosa amica Christa, che è una donna fantastica».
Scusi, ma voi due non eravate rivali?
«Nient’affatto! Ci hanno messe l’una contro l’altra ma non c’era assolutamente nulla di vero. Era tutta una montatura mediatica, sulla quale non avevamo nessun controllo».
Però il concorso vi ha rese famose entrambe.
«Per questo l’ho citato. Io già da adolescente mi cimentavo nel mondo della moda e della televisione ma è grazie a quel concorso che i media tradizionali mi hanno resa famosa in Svizzera, che ho potuto firmare diversi contratti con i brand, che ho iniziato a scrivere per giornali e riviste, a fare da presentatrice...».
È un po’ quello che fa tuttora?
«No, era un lavoro completamente diverso, perché non esistevano le reti sociali. Erano tutte attività a livello locale, le imprese o le televisioni mi cercavano per un determinato ingaggio e tutto restava lì. Non era possibile fare qualcosa di globale, era tutto molto frammentato, paese per paese, lingua per lingua».
Come è passata al livello superiore?
«Dopo gli studi in economia a Lugano sono andata a Londra per fare degli stage di finanza.Allo stesso tempo ho cercato di portare avanti la carriera avviata in Svizzera. Il mio desidero più grande era di lavorare a livello internazionale ed ho potuto realizzarlo grazie all’avvento delle reti sociali».
Quindi le è bastato iscriversi a Facebook?
«No, ho dovuto ricostruire tutto da zero, perché non si può semplicemente prendere la fama acquisita in Svizzera e tradurla sulle reti sociali. Ho dovuto ricominciare da capo».


Addirittura?
«Sicuramente è stato utile avere l’esperienza di parlare davanti alla telecamera o di posare per una marca di alta moda. Ma le reti sociali erano un mondo nuovo. Ho dovuto provare, sbagliare, riprovare e piano piano sono riuscita a crescere, mese per mese, anno per anno, pubblicando tanti contenuti e acquisendo sempre più seguaci da tutto il mondo. Lì sono arrivati i primi contratti con marche molto importanti di alta moda e io mi sono detta, wow!, finalmente riesco a lavorare sul piano internazionale».
È stata una sorta di evoluzione?
«È stato come se fossi passata in un nuovo mondo, come se avessi costruito una nuova vita. Prima era una carriera molto diversa, poi con le reti sociali sono riuscita ad affermarmi come imprenditrice digitale e a lavorare come capo di me stessa in tutto il mondo».
Cosa si nasconde dietro alla definizione «imprenditrice digitale»?
«L’imprenditoria digitale ha parecchie cose sotto il suo ombrello. Innanzitutto per me ci sono le collaborazioni con i brand della moda, del lifestyle, del lusso, dei viaggi... È qualcosa che mi piace molto. Le collaborazioni prevedono il lato social, quindi postare su Instagram, TikTok, Snapchat e così via, ma spesso anche eventi fisici. Per esempio L’Oréal USA mi ha portato spesso al red carpet a Cannes piuttosto che ai Golden Globe... Questo è uno».
Solo un inciso, come sceglie i marchi con cui collaborare?
«Io promuovo solo cose che vanno bene con la mia immagine, che mi piacciono, che uso e che arrivano da marchi seri. Faccio pochi contratti ma di solito annuali o a lungo termine. Preferisco avere poche collaborazioni ma durature, per non perdere in autenticità».
Ecco, poi cos’altro fa?
«Poi c’è tutto quello che riguarda la monetizzazione video. Di solito le persone mi chiedono di fornire contenuti di motivazione, suggerimenti o consigli business. Sono contenuti utili e che io posso monetizzare. Poi c’è anche la consulenza di immagine».
Cosa intende per consulenza di immagine?
«Questo è un lavoro dietro le quinte, che non mostro sulle reti sociali. Si rivolgono a me delle persone o delle aziende che hanno bisogno di evolvere a livello di immagine o anche a livello reputazionale, facciamo dei contratti di tre o sei mesi e affrontiamo la situazione. È qualcosa che mi piace moltissimo perché si possono vedere dei risultati concreti».
Chi sono le persone che le chiedono consulenza?
«Dipende. L’ultima era una ragazza di New York - non voglio fare nomi - che aveva tanti follower ma non aveva un’immagine posizionata per lavorare con le marche del lusso o dell’alta moda, era più legata alle vendite di corsi motivazionali. Aveva bisogno di riposizionarsi. Abbiamo fatto un bellissimo lavoro insieme, con degli ottimi risultati».
E le imprese, di che tipo sono?
«Per esempio adesso sto lavorando con una rete di cliniche di longevità negli Stati Uniti. Li sto aiutando a fare un rebranding, perché hanno un business meraviglioso, che funziona benissimo, ma non hanno un’immagine adeguata. In ottobre il dottore principale uscirà su Netflix quindi bisogna preparare il terreno prima che esca il documentario».
È tutto o fa ancora altro?
«Poi c’è il public speaking, discorsi e conferenze per banche, società e istituzioni. In particolare vengo contattata per parlare del contenuto del mio libro, che si chiama Empower Yourself».


Ora scriverà anche per La Domenica.
«Sì, mi fa molto piacere, perché con i media tradizionali si possono raggiungere fasce di popolazione diverse, che cercano contenuti più approfonditi rispetto a quelli che si trovano sulle reti sociali».
Le capita di tornare in Ticino?
«Ogni tanto faccio una scappatina. Ma sono più spesso a Zurigo o Milano per lavoro. Spesso chiamo mia mamma e lei viene a trovarmi lì».
Come vede il Ticino, immobile?
«No, ci sono cose che cambiano, anche Lugano si modernizza. Se non sbaglio due anni fa al WEF di Davos c’era uno stand luganese sulle criptovalute. Io l’ho trovata una cosa bellissima, ero fiera, non tanto per le criptovalute in sé ma perché la mia città era una delle poche insieme a Zugo a lanciarsi in qualcosa di così progressista».
E a Londra si sta ancora bene?
«A parte il tempo terribile, si sta bene. Non mi lamento».
Sembra che ultimamente in Gran Bretagna vada tutto male.
«Così dicono, non lo so, io sto bene».
Comunque il suo lavoro potrebbe farlo da qualsiasi posto nel mondo.
«Magari non su un’isola deserta perché ciò di cui ho bisogno è un aeroporto ben connesso e un servizio postale efficiente. Perché se Louis Vuitton vuole mandarti una borsetta da Parigi per una campagna pubblicitaria, devi essere sicuro che arrivi».
È per questo che non torna in Ticino, perché la Posta non funziona più bene.
«Ah davvero? Ho appena mandato un pacco a mia mamma ed è arrivato in tempo, perfettamente. La posta funziona peggio qui a Londra, tanto che io mi affido sempre a quella privata»