Ceci n'est pas une pipe

C’è chi dice che parlando rappresentiamo il mondo, difficile da capire ‘sta storia. Cioè, intendiamoci, diciamo che il mondo esiste e di fatto c’è. Poi inseriamo la negazione di tre letterine non e magicamente il mondo non esiste, tuttavia continua ad esserci. Ma il linguaggio rappresenta davvero il mondo? Di fatto, noi siamo in grado di costruire cose che non ci sono. È il primato del linguaggio sul mondo? Eppure in qualche modo Biancaneve, Peter Pan, Superman, Morgana, Topolino e tanti altri esistono e fanno parte della nostra vita, per non parlare poi dell’Onnipotente Egli, il Verbo. Fiumi di importanti parole su di lui, testimonianza di sé pochina, nondimeno ha indubbiamente grande significato. Con il linguaggio possiamo inventare cose che non ci sono ma esistono, possiamo pure negare cose che ci sono. Putin nega che il bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol è opera del suo esercito, dice che è una messinscena ucraina. Assurdo. Putin è scollegato dalla realtà? Per esempio c’è chi nega l’olocausto, c’è chi nega l’esistenza del coronavirus, Berlusconi nega quasi tutto ed è ancora lì.
Negare è una pratica capace di incollarsi alle più svariate tematiche, destinata a ribaltare senza argomentazioni valide le evidenze storiche e scientifiche, a filtrare la propria immagine attraverso la rete del dissenso per affermare una propria audace autonomia, un’accortezza di pensiero e un’arditezza di azioni che esistono in quanto contrari alla tangibilità, alla conoscenza e al buon senso. Un mezzo, il negare, che permette ad alcuni, indipendentemente dal regime politico in cui agiscono, di costruire poteri economici e politici di smodata grandezza. Lo storico Claudio Vercelli, riferendosi al negazionismo, afferma che si tratta di una bolla sociale autoreferenziale che ondeggia nella realtà umana. Ma quali sono i criteri per poter dire che una cosa c’è? Riconoscere e misconoscere l’esistenza può avvenire senza comprenderne l’essenza? La verità non può essere intesa unicamente come semplice corrispondenza con la realtà oggettiva delle cose, ma esiste anche poiché costruita attraverso i consensi e i dissensi sociali. Quello che definiamo come “vero” sussiste è muta in una dimensione fisica, psicologica e sociale. In questo senso nulla è disgiunto dalla realtà e nessuno può essere deresponsabilizzato, tantomeno l’autocrate Putin o chi per lui.
Forse, a guardar bene, nel negare la verità delle cose si colloca l’assurdità di una libertà che si alimenta della tirannia che la proclama.
Roberto Caruso, docente.