Accadde a Chiasso, in via Odescalchi

A Chiasso, in via Odescalchi, sono arrivati inquirenti, ambulanze, giornalisti e telecamere. Per un fatto gravissimo. Gli abitanti della zona hanno parlato di degrado, di Bronx.
Emanuele Gagliardi
Emanuele Gagliardi
17.10.2015 05:05

di EMANUELE GAGLIARDI - Via Odescalchi, a Chiasso, ancora una volta al centro della cronaca nera. Un morto ammazzato a colpi di pistola, alcune persone (con ruoli diversi) in carcere. Una matassa non facile da dipanare per chi indaga. Parte di coloro che sono finiti in galera si è costituita; tutti, adesso, sono sotto interrogatorio. Probabilmente le versioni non saranno le medesime: la Procura sta procedendo per diversi reati; il primo è l'assassinio. Ci vorrà tempo per chiarire la storia: quello della sparatoria di Chiasso è stato l'epilogo di altri episodi, avvenuti in regioni diverse del cantone e che devono essere ricostruiti in modo preciso. Infine si arriverà a quei tragici secondi in cui sono stati esplosi i colpi d'arma da fuoco, alcuni dei quali hanno spento una vita. A Chiasso, in via Odescalchi, sono arrivati inquirenti, ambulanze, giornalisti e telecamere. Per un fatto gravissimo. Gli abitanti della zona hanno parlato di degrado, di Bronx. A queste lamentele hanno fatto eco i politici, ognuno dei quali ha detto la sua, in modo costruttivo, guardando ai diversi lati del problema.

La memoria è corsa, a questo punto, ad un febbraio di molti anni fa. Era il 1998, quando il Corriere del Ticino aveva anticipato una notizia che aveva avuto una grossa risonanza nel cantone, ma soprattutto in diversi altri Paesi: Lussemburgo, Belgio e Italia. In pratica, gli investigatori avevano individuato in un monolocale di un palazzo di via Odescalchi la base (di un'organizzazione) dove erano state sequestrate centinaia di cassette pornografiche, un indirizzario ed apparecchiature elettroniche per le riprese video. Tutto era partito dalla scoperta, in Lussemburgo, di numerosi video a luci rosse che aveva alzato il sipario su una rete internazionale di pedofili che partiva dalla Sicilia. Le indagini avevano portato all'arresto di due fratelli italiani, uno in Lussemburgo e l'altro in Italia. Uno dei due, sotto falso nome, si era stabilito e aveva vissuto per diverso tempo, appunto in via Odescalchi. Veniva descritto come persona gentile, tranquilla, che parlava diverse lingue. Per gli inquirenti, il monolocale di Chiasso era probabilmente l'anello di congiunzione tra le rete dei due fratelli arrestati ed il racket internazionale di pedofili scoperto. Anche allora, in via Odescalchi, erano giunti poliziotti (pure dall'estero), e poi, quando si era diffusa la notizia, giornalisti, cameramen e curiosi. Qualche trasmissione televisiva, in onda su canali italiani, aveva fatto addirittura una diretta dalla strada di Chiasso dove era ubicato il palazzo con l'appartamento in questione. Pure quella volta non erano mancate le proteste da parte degli abitanti della zona (che hanno il diritto di vivere tranquilli e in modo dignitoso) e gli interventi di politici.

Dopo quanto avvenuto ora in via Odescalchi, fatti che purtroppo potrebbero accadere in altre parti del cantone, come dimostra l'elenco degli episodi di cronaca nera di varia natura che hanno interessato il territorio, si correrà ai ripari. C'è chi attende con impazienza nuove misure di sicurezza (con la posa, tra l'altro, di telecamere), chi invita i proprietari dei palazzi ad operare per il decoro, chi auspica equità sociale e non repressione, ribadendo l'utilità di un operatore di strada e chi, infine, spera in un attento monitoraggio di tutti quei movimenti strani (non solo in questa zona) che, solitamente, possono portare, con il passare del tempo, ad improvvise e tragiche esplosioni di violenza. Non sono pochi coloro che sostengono che è arrivato il momento di alzare il livello delle misure di guardia. Che non implicano affatto, sottolineano, l'utilizzo di metodi e di agenti alla Rambo, ma che guardano in faccia alla realtà emergente. Misure proporzionate all'agire della delinquenza. Occorre, inoltre, farsi aiutare dalla tecnologia e non perdere mai di vista quanto accade fuori e dentro determinati locali, avere buone fonti di informazione e valide antenne. Il tutto, però, sostenuto da norme di legge adeguate alle esigenze. Gli agenti non devono sentirsi frustrati. Regole elementari, vecchie, ma sempre attuali. Certo, non è semplice piazzare e far funzionare i radar (a differenza di quelli installati sulle strade) che ogni uomo in divisa si costruisce dentro negli anni, grazie all'esperienza, alla conoscenza, al coraggio, alla correttezza ed al rispetto, nei suoi confronti, da parte del cittadino e dei suoi superiori.