Alce Nero, salvaci dalle bufale

Carlo Silini
30.12.2017 04:50

Di Carlo Silini - È stato l'anno delle «fake news». E il fenomeno è talmente grave che perfino la Chiesa cattolica ci mette del suo per contrastarne la potenza globalizzata. Ci riferiamo al fatto che i vescovi americani hanno deciso di avviare il processo di canonizzazione di un nativo americano le cui gesta sembrano tratte da un film Western anni Cinquanta. Il futuro santo è Alce nero e la sua storia, anzi la sua leggenda, è stata descritta dal poeta del Nebraska John Gneisenau Neihardt nel libro «Alce Nero parla». La biografia di Neihardt, pubblicata nel 1932, racconta la storia di un vecchio stregone sioux della tribù dei Oglaga, che incarnerebbe – come si legge in una delle innumerevoli presentazioni online del volume – «una spiritualità perduta vicina all'essenza dell'uomo, senza l'imposizione di dogmi. Una storia di un popolo legato agli elementi della natura e ad una tradizione spirituale che può appena lenire la sua distruzione».
Bello. E chi l'ha letto conferma. Ma perché uno stregone indiano radicato in una tradizione religiosa di questo tipo dovrebbe entrare nel calendario cattolico?

Lo scopriamo rileggendo un ampio saggio che lo studioso di religioni Massimo Introvigne gli aveva dedicato qualche anno fa. Di Alce Nero, nato nel 1863, si sa che a nove anni si sentì «chiamato» in sogno a diventare guaritore, «pejuta wikasa» nel dialetto degli Oglaga, o «uomo medicina»: uno che si occupa di incantesimi e guarigioni «con riti piuttosto magici che religiosi». La carriera per diventare «pejuta wikasa» inizia però da un'altra funzione, quella di «heyoka», letteralmente «pagliaccio», uomo incaricato di recitare ruoli comici durante le feste magico-religiose della tribù. Sappiamo poi che da bambino Alce Nero è presente alla battaglia di Little Big Horn contro il generale Custer. Perde la vista in un incidente ma essendo molto rispettato tra gli indiani, viene assunto dal famoso William Cody, in arte Buffalo Bill, per esibirsi a pagamento nei teatri d'America e d'Europa nello spettacolo «Wild West Show». Finita la tournée rientra nella propria tribù dove continua ad esercitare il mestiere di «pejuta wikasa» e l'anno successivo sopravvive al massacro della tribù di suo cugino Cavallo Pazzo a Wounded Knee ad opera del Settimo Cavalleggeri statunitense. E qui finisce il racconto della biografia di John Gneisenau Neihardt, che presenta Alce Nero come un vecchio indiano intristito per la scomparsa del mondo sioux.

Milioni di persone conoscono questa storia, che tra l'altro conobbe una notevole diffusione dagli anni Sessanta anche grazie alla riscoperta del libro da parte di Carl Gustav Jung in Ticino dove, scrive Introvigne, «la fama di "Alce Nero parla? si diffuse (...) grazie ai convegni di Eranos, tenuti ad Ascona, e "Alce Nero parla? divenne una "prova" sia del teorema relativistico dell'incomunicabilità fra le culture, sia delle caratteristiche magico-sacre della tradizione indiana "genuina" e "primitiva"».

Peccato che tutta la vicenda era, se non una delle tante fake news della storia, una mezza verità. Lo stesso Alce Nero, in vita, si dissocia dagli scritti di Neihardt che accusa di avere alterato quanto gli aveva raccontato e di avere omesso particolari essenziali. In realtà, spiega Introvigne, «l'opera è largamente un parto della fantasia di Neihardt». E si riferisce solo alla prima parte della sua vita, ignorando che Alce Nero non solo si converte al cattolicesimo, ma diventa un fervente missionario. Fu battezzato il 6 dicembre 1904 e, nelle parole della figlia, «abbandonò la sua pratica di guaritore e non la riprese mai più». Anche se siamo certi che le sue idee felicemente sincretiste (recitava il rosario e andava a messa ma restava fedele alle tradizioni della Donna-Bisonte Bianca e della Sacra pipa) difficilmente passerebbero l'esame della Congregazione per la dottrina per la fede. È vero che molti gesuiti che convertirono i sioux erano convinti che la Donna-Bisonte Bianca fosse apparsa agli indiani un certo numero di secoli prima dell'arrivo dei missionari per prepararli al futuro incontro con il cristianesimo, e che si trattasse in realtà della Vergine Maria. Ma la dottrina ufficiale è un'altra cosa.

Non sappiamo chi sarà più scontento per la possibile canonizzazione di Alce Nero. Una parte della comunità indiana insorge: Alce Nero, sostengono alcuni sioux contemporanei, fece concessioni solo esteriori alla cultura dell'uomo bianco ma dentro di sé non cambiò mai. Ma anche non pochi cattolici tifosi dalla dottrina pura e dura potrebbero storcere il naso. Per tutti gli altri c'è solo da rallegrarsi: presto potremmo avere un santo sioux e coi tempi che corrono potrebbe diventare il patrono della lotta alle fake news. Ce ne sarebbe davvero bisogno.

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