Ambrì e Lugano, le due facce di un miracolo

L’hockey ticinese gongola: dopo cinque lunghi anni Ambrì Piotta e Lugano tornano a braccetto nei playoff. La qualificazione matematica è arrivata con una giornata d’anticipo dal termine della regular season e questa sera l’interesse sarà tutto focalizzato su quali saranno gli avversari di biancoblù e bianconeri a partire da sabato prossimo. La sensazione è che in un campionato folle ne vedremo ancora delle belle. Rimanendo al sud delle Alpi, il club della Valascia e quello della Cornèr Arena rappresentano le due facce di un miracolo sportivo. Quel che è riuscito a fare l’Ambrì Piotta ha dell’incredibile: in poco più di un anno in Leventina si è riusciti a passare dalla cultura della sconfitta a quella della vittoria: si è assistito ad un radicale cambio di mentalità che ha visto i biancoblù scendere sempre sul ghiaccio per vincere e non più per non perdere. Il processo di crescita di un gruppo in cui giorno dopo giorno si è creata quella «chimica» capace di spostare le montagne ha bruciato le tappe ed è impossibile non togliersi il cappello davanti alla determinazione e alla costanza di rendimento e di risultati di una formazione che dopo anni di magra, di spese folli per elementi poco o per nulla utili alla causa e di utopistici proclami gridati ai quattro venti all’inizio di ogni stagione ha ritrovato il senso della misura e - soprattutto - una sua precisa identità. Sì, l’Ambrì ammirato quest’anno è un piccolo-grande miracolo figlio di una precisa strategia che ha portato i suoi frutti prima del previsto. Ci confidava qualche tempo fa Luca Cereda – non ce ne vorrà il tecnico di Sementina se sveliamo l’aneddoto - al termine dell’amichevole estiva disputata a Biasca tra la sua squadra e il Rapperswil, al termine dell’incontro parecchi giocatori sangallesi provocarono i biancoblù dando loro appuntamento per la finale dei playout. Ed invece da sabato – senza nessuna pressione supplementare sulle spalle – i leventinesi andranno a caccia di ulteriori exploit. Sul ruolo fondamentale ricoperto da Paolo Luca e Luca Cereda - bravissimo tra l’altro ad impedire che la squadra accusasse cali di tensione – è già stato detto praticamente tutto. Così come del super blocco trascinato da una macchina da punti che di nome fa Dominik e di cognome Kubalik, dell’esperienza di Novotny o delle solidissime prestazioni garantite da Conz, ben supportato da Manzato. Un solo terzetto o poco più non può però portare una squadra nei playoff ed allora - in un certo senso paradossalmente - a fare la differenza sono stati i giocatori meno celebrati, capaci di seguire alla lettera e con uno spirito i sacrificio fuori dal comune i dettami tattici di Cereda. Facciamo solo qualche nome: Dotti, Ngoy, Trisconi, capitan Bianchi, Kostner o ancora Goi. Sono loro il valore aggiunto dell’Ambrì Piotta. Si è chiusa col lieto fine anche la stagione regolare del Lugano, capace in extremis di cambiare marcia e tornare dalla parte buona della linea. In realtà però – al di là del più che legittimo sospiro di sollievo – il campionato dei bianconeri è stato un calvario. Solo poco più di una settimana fa, dopo una secca sconfitta rimediata a Zurigo, la situazione appariva quasi compromessa. Ed allora – esagerando un po’ per ribadire i troppi problemi incontrati – vien da dire che il Lugano il suo biglietto per i playoff l’abbia staccato per miracolo. O un mezzo miracolo. Hanno scherzato col fuoco fino all’ultimo i bianconeri, rischiando più volte di bruciarsi definitivamente. A livello di risultati dopo Natale la situazione è migliorata, ma l’incostanza di rendimento rimane preoccupante. Sul piano mentale in particolare, la squadra di Ireland anche nel weekend appena trascorso ha messo in mostra lacune imbarazzanti. Dal meglio con lo Zugo al peggio con il Davos in poche ore e solo i risultati dalle altre piste consentono ai bianconeri di vivere con serenità la sfida odierna con il Berna. Indipendentemente da come andranno a finire i playoff, la speranza è che la dirigenza bianconera analizzi davvero in profondità le ragioni delle difficoltà vissute da agosto. Il rischio di lasciarsi accecare dalla qualificazione raggiunta e di nascondere così la polvere sotto il tappeto esiste. Sarebbe la soluzione più semplice, ma anche la più pericolosa a medio-lungo termine. Il Lugano ha davvero sfiorato il disastro sportivo: al momento di tirare le somme, se lo ricorderà chi siede nella stanza dei bottoni? Non ne saremmo così certi. Poi, paradossalmente, la squadra bianconera potrebbe anche diventare la mina vagante di questi playoff: l’esperienza e le qualità individuali per andare lontano – come fecero gli ZSC Lions lo scorso anno – non mancano. Ma i miracoli, tanto per rimanere in tema, non sempre avvengono: basta guardare in che marasma si è cacciato lo Zurigo dopo il titolo conquistato qualche mese fa.