Anche la sirena muta fa paura

Emanuele Gagliardi
Emanuele Gagliardi
24.09.2013 05:05

di EMANUELE GAGLIARDI - Il suono delle sirene dei pompieri, della polizia e delle ambulanze è troppo forte. Il Consiglio federale si è detto, qualche settimana fa, favorevole alla mozione depositata lo scorso giugno dal consigliere nazionale Mauro Poggia, che chiede provvedimenti per una riduzione dell?inquinamento acustico, soprattutto nelle zone urbane e nelle vicinanze di ospedali, causato da questi veicoli. Senza diminuire la sicurezza, il parlamentare auspica, tra l?altro, che, per la notte, vengano fissati limiti inferiori a quelli attuali. Si andrà dunque in questa direzione. Il suono della sirena. Incute, da sempre, rispetto, timore e fa nascere, a volte, inquietanti interrogativi. Calamita l?attenzione di tutti, anche se l?automezzo di soccorso è distante parecchio da noi, fuori dal campo visivo. Spesso interrompe, per un attimo, anche discussioni vivaci. Il tempo per dire, tendendo l?indice e l?orecchio: «Senti la sirena, chissà che cosa è successo. Ma sarà un?ambulanza, la polizia o i pompieri?». A questo punto interviene solitamente l?esperto di turno che, senza alcun dubbio, spiega a tutti: «Guardate che questo è il suono della? Ma non lo conoscete?» Se invece la sirena sfreccia davanti a noi, la si segue, inevitabilmente, con la coda dell?occhio. Se poi il penetrante suono ci arriva, magari all?improvviso, alle spalle, mentre siamo alla guida dell?auto, si cerca subito di spostarsi sulla destra, di dare la precedenza. La sirena vuol dire urgenza, fretta, pericolo, bisogno di soccorrere, incidente, rapina, trasporto di un malato o di un ferito, incendio, inquinamento, fuga di gas, allarme chimico. Di giorno il suono richiama l?attenzione; di notte, quando è tutto tranquillo e, soprattutto d?estate, si dorme con le finestre spalancate, lacera le tenebre e i nostri timpani. Il rischio è quello di svegliarsi di soprassalto. Uno dei consigli che, una volta, davano i capocronisti anziani ai giovani che si avvicinavano al mondo del giornalismo era questo: «Se senti una sirena e vedi passare un?ambulanza, un?auto della polizia o dei pompieri, gira l?auto e seguili. Novanta a cento ti porteranno da una notizia». Era vero. Certo, era un po? difficile stare al passo con questi automezzi che procedevano (e procedono) a velocità sostenute, eseguendo manovre non semplici in mezzo al traffico. I tempi sono cambiati. E poi, cammin facendo, si impara ad alzare le antenne anche quando si vedono ambulanze o auto della polizia e dei pompieri ferme, con il solo lampeggiante acceso che sembra non fermarsi più. Con il passare degli anni chi lavora in cronaca si è trovato, a volte, davanti a grossi fatti, luttuosi, di cronaca nera, non annunciati dal suono delle sirene. Diverse ambulanze silenziose, auto della polizia e un automezzo dei pompieri fermi, per esempio, davanti ad un?abitazione in cui, tragicamente, erano morte delle persone. Scene viste anche in Ticino. Un quadro difficilmente cancellabile dalla memoria è quello osservato una notte di ottobre del 1987 quando i cronisti si precipitarono nella zona di Erba perché un velivolo dell?ATI (Aero Trasporti Italiani) era caduto sui Monti di Barni a Conca di Crezzo. Per raggiungere questa zona bisognava passare da Canzo, salire ad Asso e da lì, prendere per Barni. In tarda serata, l?aereo, un ATR 42 (37 furono le vittime, 34 passeggeri e 3 dell?equipaggio, i due piloti e una hostess), non era stato ancora individuato. Arrivati a Canzo ci si imbatteva in uno scenario che sembrava irreale. Nel piazzale antistante la stazione ferroviaria erano ferme decine di ambulanze arrivate da ogni dove. Si vedevano solo i lampeggianti che squarciavano la notte. Il tutto sotto la luce fioca dei lampioni. Un silenzio surreale intorno. Tutti aspettavano un segnale per dirigersi sul luogo dell?incidente, a sirene spiegate, per portare aiuto ai feriti. Ma non c?era nessun ferito da soccorrere, solo morti a Conca di Crezzo.

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