Arrocco lungo più aggressivo

«Facciamo che giocavamo a scacchi e noi eravamo i bianchi e tu i neri! E noi eravamo i problemi da risolvere e tu il Consiglio di Stato». Questa improbabile proposta, formulata con l’imperfetto ludico dei bimbi («tu facevi l’infermiera e io il dottore») potrebbe introdurre una fantasmagorica partita a scacchi fra un Consiglio di Stato in difficoltà e i mille problemi con cui è alle prese, i quali hanno pure il vantaggio di impostare l’apertura. Ma è normale che sia così: prima ci sono i problemi e poi , quando va bene, si trovano le soluzioni.
I problemi di una partita a scacchi sono tanti e i consiglieri di Stato sono solo cinque. Inevitabile la fatica e l’usura, tanto più che non è facile andare d’accordo se la si pensa in modi così diversi. Ma anche i due che la pensano più o meno allo stesso modo sono stanchi e hanno bisogno di nuova linfa. Per questo propongono improvvisamente, a partita già iniziata da un pezzo, un arrocco. Scelta anomala, visto che l’unica mossa in cui si muovono simultaneamente due pezzi (il re e una delle due torri) avviene di solito nella fase iniziale della partita. Mentre qui, se giocassimo a calcio, saremmo già al quindicesimo del secondo tempo. E rispetto ai problemi dei bianchi che hanno conquistato il centro della scacchiera, i neri non sono messi bene. Urge quindi proteggere il re, che si mette al riparo in un angolo dietro ad alcuni pedoni, e liberare la torre lanciandola verso nuovi orizzonti del vasto territorio. Mentre l’angolo riparato, un orto concluso ben conosciuto seppur infido, è quello della giustizia.
Ma come sono posizionati gli altri pezzi neri? La regina è arrabbiata anche perché sa che questo arrocco probabilmente si farà. Oltretutto sarà un arrocco lungo (lato regina), più raro e più aggressivo di quello corto. Però almeno chiedano scusa questi due pezzi così sfrontati e soprattutto non si permettano di andare di loro iniziativa a giocare su un’altra scacchiera. I neri, seppur messi male (diciamo che sono sotto due a zero) possono però vantare un bell’«alfiere in fianchetto» che domina una grande diagonale sgombra, la quale può portare lontano (fino a Berna) e un cavallo (dell’unico scacchista del Consiglio di Stato) ben incuneatosi nelle linee avversarie. Il secondo cavallo è il presidente del suo partito e, contrariamente al secondo «alfiere-presidente» tornato nelle retrovie dopo una sortita «morbida», è pure lui all’attacco. C’è poi l’altra torre che, dopo l’arrocco, si ritrova ben collegata alla torre prima un po’ fuori dal gioco. E si sa che due torri ben collegate possono fare sfracelli!
Non dimentichiamo i pedoni: ce ne sono di fedelissimi, compatti nella difesa del re, e altri più esposti, in balia di un destino incerto. Ma i finali di partita, con pochi pezzi sulla scacchiera, sono difficili da giocare quanto le aperture e il mediogioco, e possono riservare parecchie sorprese. Con una certezza: il re può diventare un pezzo attivo, lanciandosi all’attacco in vari modi, magari aiutando un proprio pedone a trasformarsi in una nuova regina.
Le metafore sono affascinanti ma talvolta fuorvianti. Vediamo quindi di fare qualche nome, ricordando che ci sono molti spettatori interessati alla partita, come Piero Marchesi, che vorrebbe tanto prendere il posto del re nero.
Christian Vitta invece sta pensando a Berna, con i suoi liberali che scalpitano per la riconquista del secondo seggio cantonale. Nel qual caso ci vogliono due nomi forti: Alex Farinelli e Matteo Quadranti sono i favoriti, anche perché darebbero linfa al Sottoceneri, oggi sottorappresentato benché sia di gran lunga l’indiscutibile creatore di ricchezza del nostro Cantone.
Ma questa è una nuova partita e prima bisogna chiudere dignitosamente quella vecchia.
L’arrocco non si può fare con il re sotto scacco. Se si farà, vedremo un finale di partita combattuto, forse più produttivo di quanto visto finora. Il re e la torre che arroccano non devono essersi mossi prima.