Bianco Natale

Di ritorno con il battellino dall’ultima traversata dell’anno verso Caprino e San Rocco, con un carico di bottiglie vuote di Barbera fatto col mulo tracannato durante la bella stagione, Asia guardando la città mi ha spiegato con entusiasmo l’idea lanciata da tre consigliere comunali di Lugano (una verde liberale, una leghista e una liberale) di creare sul lungolago delle saune «pop up», cioè temporanee, prendendo esempio da quanto fatto a Berna in riva all’Aare, con lo scopo di «arricchire l’offerta urbana con un’iniziativa semplice, rispettosa dell’ambiente e di grande valore per il benessere della popolazione».
Una proposta suggestiva, classificabile come figata, meno complicata da realizzare della Petralli Beach, che vivacizzerebbe la città anche in inverno. La mia amica microinfluencer del lago e content creator già s’immagina a sudare nelle saune «pop up» e successivamente gettarsi nelle acque fredde del Ceresio per stimolare la circolazione, saltando poi con vigore sul battellino per avviare una diretta su TikTok. Con tutti i pensieri che hanno in Municipio – la spesa da contenere, il debito pubblico che va verso il miliardo e due, le rapine del Cantone, lo spavento per il tram-treno finito a schiaffoni fra Zali e l’UDC, i costi del PSE con annessi e connessi – forse le saune «pop up» non sono un’urgenza, ma porterebbero benefici anche a sindaco e municipali che avrebbero solo da attraversare la strada per rigenerare corpo e spirito e tornare a Palazzo Civico facendo una bella cantata che rafforza un sano spirito di collegialità e diffonde ottimismo.
Ad Asia piace tantissimo sentir cantare e s’è quasi commossa ascoltando «Bianco Natale» intonato da un gruppo di parlamentari durante la panettonata in Gran Consiglio. Ma il bianco Natale esiste ancora? Dipende da come si guardano le cose. Da un lato sì, esiste ancora. Anzi, mai come quest’anno in Ticino s’è vista così tanta «neve», cocaina in transito e per consumo locale, con un detenuto su due che è in galera per reati legati alla droga. Accanto a questo bianco Natale c’è però anche un Natale che non è più bianco: è quello meteorologico, senza neve, che mette in crisi le stazioni sciistiche dell’intero arco alpino. La mia amica che, abituata allo sci nautico, quest’anno durante le feste avrebbe voluto imparare a sciare sulla neve, munita di cuffia rosa con pompon luminoso, s’è messa a inveire. Ma dove vive? Sono vent’anni che sappiamo che con i cambiamenti climatici avremo sempre meno neve. Un rapporto chiesto dal Consiglio di Stato arrivò alla conclusione che in Ticino sarebbe stato meglio lasciar perdere lo sci e relativi sussidiamenti pubblici, ma la rivolta del contado portò a un compromesso, l’invenzione del credito quadro per la manutenzione ordinaria degli impianti. L’ultimo è stato votato dal Parlamento lo scorso ottobre con l’immancabile mantra sulla destagionalizzazione.
Non è una grande cifra (5,6 milioni per quattro anni) e non è uno scandalo, è solo la dimostrazione di un atteggiamento politico più generale che non si supera con gli studi sulla revisione della spesa pubblica e che si misura anche sulle piccole cose se è vero, come continuano a dirci, che non possiamo più permetterci di tutto e occorre stabilire delle priorità. Nel 2026 ci vorranno scelte coraggiose, hanno tuonato questa settimana in Gran Consiglio. Magari ci ridaranno la neve vera. Speriamo, perché Asia non intende accontentarsi di un bianco Natale solo da sniffare.
