C'è chi ride sotto i baffi

Giovanni Galli
25.02.2013 05:00

di GIOVANNI GALLI - Prima le tensioni interne sulla data della partenza di Borradori da Bellinzona; poi l?inaspettata disponibilità di Barra a raccoglierne il testimone in Governo; ed infine la sortita di venerdì sera a Piazza del Corriere, quando Bignasca ha detto che in caso di sconfitta risicata di Giudici lui avrebbe tentato una mediazione per evitare il ballottaggio e lasciargli la poltrona di sindaco per un paio d?anni.  La campagna elettorale di Lugano sta creando qualche difficoltà ai vertici leghisti. E  non saranno certo le retromarce mascherate con titoli muscolosi del Mattino e i frequenti «debriefing» della domenica sera nella sede di via Monte Boglia, dove tutto si sistema e si ricuce, a  cancellare quella che è ormai un?impressione diffusa. La candidatura di Borradori evidenzia una contraddizione di fondo: è l?unica arma di cui la Lega dispone per conquistare la maggioranza relativa in Municipio e il sindacato, portando a compimento un ciclo di espansione che ha nella Città il suo epicentro; ma al tempo stesso sta avendo un effetto destabilizzante, a più livelli, nella Lega stessa, che non riesce a gestirla come si conviene ad una forza che punta a vincere le elezioni. Per carità, in circostanze più o meno analoghe anche il Partito socialista non è stato all?altezza della situazione. Convinta che non ci fossero le condizioni necessarie   per proseguire, Patrizia Pesenti ha rinunciato, con una mossa clamorosa, alla candidatura, mentre Marco Borradori si è, per così dire, limitato a minacciare il ritiro se i vertici leghisti non avessero fatto chiarezza sugli obiettivi della sua candidatura. Ma questo episodio è pur sempre sintomatico di un clima di tensione e di ambiguità interne persistenti che la Lega non è riuscita né a prevenire né a risolvere, nonostante l?ampio tempo a disposizione. Anzi, più si avvicinano le elezioni più cresce l?agitazione per una situazione potenzialmente pericolosa, che solo una vittoria piena potrà permettere di superare.  La tesi di certuni secondo cui Bignasca abbia detto queste cose per spingere Borradori a farsi da parte è a dir poco campata per aria. L?operazione è stata comunque negativa per l?immagine del movimento. E sorprende che un «animale politico» come il presidente della Lega, rotto a tutte le astuzie, abbia potuto commettere questo passo falso. Per gli elettori è una palese dimostrazione di confusione e di insicurezza, perché dopo aver fatto proclami (quanto convinti non si sa) di conquista si comincia a mettere le mani avanti e per di più a scapito del candidato di punta del movimento, lasciato all?oscuro di tutto. Ma è anche una mossa che lascia trasparire, ad essere benevoli, una sorta di sudditanza verso l?attuale sindaco, a riprova di quanto la candidatura di Borradori sia in realtà considerata ingombrante. Sembra che in casa leghista una sua vittoria sia quasi più temuta che auspicata, anche per gli effetti disarticolanti che avrebbe sugli equilibri e gli interessi in Municipio, consolidati dai buoni rapporti personali e da anni di collaborazione a Palazzo Civico. Di tutto questo se ne ha conferma leggendo la reazione del consigliere di Stato uscente, in particolare quando sottolinea che la volontà dei cittadini va rispettata in modo trasparente, «sopra ogni altro interesse di parte», e che lui non ha intenzione di prestarsi ad «accordi sottobanco». Il paginone di ieri del Mattino aveva un evidente scopo riparatore. E solo a guardarlo, qualcuno in Piazza Riforma ha sicuramente riso sotto i baffi.