Ventisei cantoni

Censura violenta

Sono tre gli episodi di censura violenta all’Università di Ginevra in un solo anno
Moreno Bernasconi
31.01.2023 06:00

Prima di Natale, una tavola rotonda organizzata all’Università di Ginevra dal Gruppo di riflessione svizzero di politica estera FORAUS ė stata interrotta dall’irruzione violenta di nove persone mascherate, decise ad impedire che prendesse la parola anche la Consigliera nazionale UDC Céline Amaudruz. «È una puttana!»; «Ti uccideremo!» gridavano i facinorosi. Il caso ha palesato un disagio che assilla da un po’ l’ateneo ginevrino, al quale si è aggiunta la recente, clamorosa bocciatura del rettore designato da parte del Consiglio di Stato.

L’ultima azione intimidatoria non è isolata. È addirittura il terzo episodio di censura violenta all’Università di Ginevra in un solo anno. Il 29 aprile 2022 c’è stato il primo incidente. Una quindicina di studentesse e studenti di un collettivo di militanti LGBTQIA+ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer) ha fatto irruzione in un auditorio dell’UNI di Ginevra, occupandolo e impedendo lo svolgimento di una conferenza organizzata dalla Società di psicanalisi della Svizzera romanda. La serata prendeva spunto da un libro di due psicanalisti francesi («La fabbrica della trans-identità») che illustra i problemi psicologici che comporta la transizione di genere da parte di giovanissimi e il ruolo dei social media nel banalizzare un fenomeno che coinvolge un numero crescente di adolescenti. «Psicologi, trans-fobici e assassini!»; «I trans-fobici non vanno accettati all’Università» - questi alcuni slogan degli attivisti. Il 18 maggio 2022, un’altra tavola rotonda all’UNI è stata interrotta dall’irruzione sempre di attivisti LGBTQIA+ che con modi violenti hanno tolto la parola a due professori che discutevano sul tema «Il sesso dei moderni. Pensiero del Neutro e teoria di genere». Con violenze verbali e fisiche, gli attivisti hanno bloccato i relatori, in particolare una professoressa, affermando che una donna bianca non transessuale non può legittimamente prendere la parola su una simile tematica. Un relatore e parte del pubblico sono stati spruzzati con liquido idroalcolico.

L’Università ha condannato l’episodio giudicando inammissibile che un libro non possa essere dibattuto in un ateneo: è fuori discussione che professori siano spinti all’autocensura. Il rettorato ha tuttavia rinunciato ad agire inoltrando denuncia a seguito della promessa della Conferenza universitaria delle associazioni studentesche (CUAE) di rifiutare la violenza e di rispettare la libertà di espressione. Dopo il terzo, increscioso episodio di violenza verbale e di minacce durante il dibattito nel mese di dicembre scorso, l’Università è stata costretta ad ammettere che «la volontà di dialogo è stata male interpretata ed ha generato, dentro e fuori l’ateneo, un sentimento di impunità». Purtroppo si è decisa solo dopo lunghi tentennamenti e forti pressioni esterne a riconoscere la gravità delle ripetute intimidazioni e a procedere a una denuncia.

Quanto alla Conferenza delle associazioni studentesche, la sua presa di posizione non lascia presagire una possibile intesa per il futuro: «La CUAE prende la difesa degli studenti implicati in questa situazione e si oppone ai discorsi e alle idee di estrema destra, pericolose per l’istruzione pubblica (…). La libertà di espressione è anche e soprattutto protezione del diritto alla contestazione politica. Nel caso specifico il diritto di individui e.x.s a esprimere il loro disaccordo con le idee nauseabonde dell’UDC».

Come si vede, il rettorato dell’Università di Ginevra ha un problema non da poco che non riesce a gestire. Finora il clima di intimidazione anche violenta e di censura da parte di attivisti dei movimenti Woke sembrava localizzato in atenei lontani, soprattutto anglosassoni. Il problema è ormai anche svizzero. Non è un caso se per il posto di futuro rettore o rettrice dell’Università di Ginevra abbia concorso solo uno sparuto numero di candidati svizzeri e se, in particolare, la decina di accademiche romande sollecitate a candidarsi abbiano risposto tutte «No grazie». A quanto pare, una si sarebbe lasciata scappare il commento seguente: «La funzione di rettore comporta senz’altro tanti onori… ma anche una montagna di grane» (l’espressione esatta in francese, qui auto-censurata e me ne scuso, era molto più colorita).