Ventisei cantoni

C’era una volta la città di Calvino

La rubrica di Moreno Bernasconi
Il muro dei riformatori a Ginevra.
Moreno Bernasconi
05.02.2019 06:00

Il Gran Consiglio ginevrino ha deciso che gli impiegati pubblici (e i politici) non avranno più il diritto di indossare segni di riconoscimento religioso: la croce, il velo o la kippa. Una norma radicale contenuta nella nuova Legge sulla laicità su cui i ginevrini si pronunceranno domenica. Che questa legge sia stata votata proprio a Ginevra a dire il vero non sorprende, poiché il cantone ha una lunga tradizione laicista e di separazione totale fra Stato e Chiesa (vi fu introdotta più di cent’anni fa sull’onda di quella francese del 1905 e da qualche anno figura nella Costituzione). Ma soprattutto non sorprende alla luce dell’evoluzione recente della pratica religiosa nella città di Calvino. In quella che fu per secoli capitale della Riforma e del calvinismo, i protestanti sono ormai infima minoranza. Le cifre dell’Ufficio federale di statistica sulla religione dei residenti ginevrini nel 2017 parlano chiaro: 8,8% di protestanti e 32,3% di cattolici. I protestanti hanno perso l’egemonia religiosa complice l’immigrazione dai Paesi cattolici dell’Europa del sud. Ma il dato che colpisce di più è un altro: la maggioranza - vale a dire il 41% - si dichiara ormai senza religione. L’unica religione in crescita è l’Islam (al 6,2% e con una percentuale di giovani elevata). Il confronto con i cantoni protestanti svizzero-tedeschi è interessante: nella Zurigo di Zwingli i senza religione arrivano al 29% (i protestanti sono ancora il 28%; i cattolici il 26%). A Berna i riformati sono addirittura il 50% (il 20% è senza religione e il 15% cattolico). La drastica diminuzione dei protestanti ma anche il calo dei cattolici - inversamente proporzionale all’aumento di chi si dice senza religione - e la crescita di un Islam che a Ginevra vede una radicata presenza dei fratelli musulmani e mostra un volto radicale hanno reso molto vivace il dibattito negli ultimi mesi. Tanto più che a difesa dei simboli religiosi è scesa in campo (con il lancio di quattro referendum) non la destra ma la sinistra, col sostegno di femministe e sindacati, preoccupati che le donne di fede islamica possano essere escluse dai pubblici impieghi. Calvino farebbe fatica a capire cosa è successo.