Come sono lontani quegli applausi

IL COMMENTO DI EMANUELE GAGLIARDI
Emanuele Gagliardi
Emanuele Gagliardi
12.10.2017 06:00

di EMANUELE GAGLIARDI - Quello che è esattamente accaduto a Brissago lo stabilirà l'inchiesta avviata dal Ministero pubblico ticinese: gli inquirenti dovranno accertare se il comportamento dell'agente che ha sparato, colpendo mortalmente un richiedente l'asilo dello Sri Lanka che brandiva due coltelli e si stava scagliando contro due connazionali, sia stato corretto.
Un ruolo fondamentale lo avrà ancora una volta il criterio di proporzionalità. Ci vorrà tempo, saranno necessarie perizie, interrogatori e numerosi accertamenti. Tutto ciò per decidere il versante penale di una tragedia avvenuta, di notte, in una manciata di secondi. Da una parte la famiglia della vittima, dall'altra il poliziotto, con i suoi congiunti, con i suoi colleghi. Tutti profondamente segnati da quanto si è verificato.

Come spesso succede in simili fattispecie, i commenti e gli interrogativi dell'uomo della strada, le considerazioni dei politici si rincorrono. Si poteva evitare quella morte? Cosa occorre fare per scongiurare, in futuro, il ripetersi di simili episodi?
Inevitabilmente, si torna a parlare di sicurezza e della necessità di adottare tutte le misure indispensabili per non doversi più trovare in analoghe situazioni. Polizia e magistratura indagano: per accertare cosa abbia fatto scattare la rabbia del richiedente l'asilo, tanta da fargli brandire un paio di coltelli, e che cosa esattamente sia avvenuto dopo. Saranno preziose le testimonianze raccolte, comprese quelle degli altri poliziotti che accompagnavano il collega che a Brissago ha sparato.

Il pensiero corre ai corsi seguiti dagli aspiranti agenti durante la scuola di polizia, alle esercitazioni fatte con gli istruttori, alle lezioni svolte da esperti, magistrati compresi, ai futuri poliziotti. Ai corsi di aggiornamento, necessari per mantenere, tra l'altro, il sangue freddo che consente di agire in modo mirato, dettato dalle circostanze. Tutti vicini a consigliare i futuri agenti durante le lezioni, a correggere i comportamenti se è il caso.

Poi via, sulla strada, in pattuglia. Senza più reti di protezione. E la strada, spesso, nasconde insidie e sorprese. Quando si deve affrontare l'imprevisto, un pericolo, persone armate magari, o entrare da una porta, c'è sempre chi deve passare (o arriva) per primo. E in una frazione di secondo il poliziotto deve vedere, valutare e decidere. Senza potersi consultare con qualcuno. Durante le esercitazioni, magari effettuate davanti ai congiunti, agli amici, ai superiori, si combatte, si simula con gli istruttori, i colleghi. E alla fine arrivano probabilmente anche gli applausi dei presenti. Poi tutto cambia. Così è la vita del poliziotto. E gli applausi si allontanano sempre più.