Situazioni, momenti, figure

Comprensione e ragione

La rubrica di Salvatore Maria Fares
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Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
17.02.2022 20:17

Il nostro tempo, sebbene innovatore in ogni ambito, appare confuso anche con azzardi che solo i sociologi e i politologi riescono a valutare mentre alla gente comune restano gli stupori del nuovo e le speranze che il domani porti occasioni migliori di vita e di convivenza. È certo che almeno a rimedio di malattie e sofferenze la scienza procede verso conquiste e miglioramenti. I rapporti fra popoli e nazioni restano tuttavia sempre sulle palafitte dell’imprevedibile. La tensione fra Russia e Ucraina non conforta ma ci sono anche altre tensioni momentaneamente sopite. Economia e tecnologia possono sorreggersi ma in un ampio spirito liberale, non di etichetta partitica, che mantenga il cammino della pace e del progresso. Quando però in questo intento cadono o si indeboliscono i principi liberali della convergenza costruttiva a favore dei popoli si rischia, e la Storia lo insegna. Ma i venti della Storia la scompaginano spesso con capitoli inattesi. Fra le molte pagine della letteratura morale e politica concernente il liberalismo, certamente quelle scritte da Montesquieu e Voltaire furono e restano magistrali. Nelle «Lettere persiane» Montesquieu indicava benissimo l’idea che egli avesse della democrazia, o meglio della democrazia illuminata. Ricordiamo che le lettere erano apparse anonime nel 1721. Il loro autore era membro del Parlamento di Bordeaux e non voleva affidare la propria firma ad un libro che a molti si sarebbe mostrato come pervaso da frivolezze. Al contrario, nel procedere epistolare di due persiani immaginari che scoprono a Parigi la cultura dominante in Occidente, si avverte come la sua denuncia dei costumi sia aspra, proprio per contrappunto all’ironia e alla frivolezza che determinano i contenuti. Vi si legge come gli uomini siano deboli nell’uso delle proprie acquisizioni e conquiste e vi si stila una critica contro la società dominante, contro gli abusi del potere e il dispotismo. La ragione della decadenza dei popoli è indicata da Montesquieu proprio nell’uso sbagliato che i popoli fanno del progresso. E non risparmia certo critiche alla finanza, agli investitori avidi e avventati, che segna una pagina di satira eloquente con l’esperienza delle speculazioni dell’economista John Law, finite in una catastrofe. Montesquieu insorgeva contro il potere monarchico, contro il dispotismo clericale e arrivava alla conclusione che la corruzione delle istituzioni e il pessimismo sociale siano le cause effettive della decadenza delle nazioni. E apre la strada a Voltaire, alla sua Europa della ragione che nasce nel «Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni», apparso nel 1753, dopo il quale la comprensione della Storia avvenne per prospettive diverse, ma sempre nell’antagonismo alla superstizione e all’oscurantismo prepotente. I dispotismi, che secondo il costume culturale erano allora prevalentemente indicati in Oriente come prodotto della monarchia assolutista o della cieca oligarchia teocratica, rappresentavano la contrapposizione all’idea di un’Europa costituita da un concorso di popoli e di nazioni diverse ma uniti sotto la denominazione di «Res publica christiana», illuminata dai valori della tradizione evangelica anche nella loro indispensabile e necessaria applicazione laica. Cambiano gli scenari ma l’animo umano, oltre i credi, conserva le premesse per i contrasti, dalle battaglie economiche alle squadriglie di bombardieri. Le abbiamo viste nei giorni scorsi, in esercizio ma pronte. C’è un discorso ampio che attinge parole e trae inchiostro nella concezione dell’Europa della Ragione che era coniugata ad un’idea d’Europa Christiana, che era l’idea di Novalis e di molti pensatori successivi, anche laici, ispirati da un valore se non soprannaturale almeno semplicemente trascendente, che fosse anche simbolicamente culturale, secondo l’idea di Torquato Tasso per il quale sopra l’uomo, nella sua distinzione dall’animale o dall’incivile, «c’è un dio che a tutti è Giove»: la cultura anche semplice. Ricordare ragione e dialogo richiamando Montesquieu, Voltaire e Novalis in questi tempi di rivalse orgogliose e di mutazioni dei valori è un po’ come dire ai ciechi «guardate». Siamo claudicanti noi, ad Occidente, che ci gongoliamo prevalentemente nei valori materiali che, sostituiti quelli trascendenti, riteniamo solidi. La Ragione coniugata ai valori morali forti della tolleranza partecipe, del dialogo e del confronto deve essere tenuta desta affinché, come ci ricordava Goya, il suo sonno non generi mostri.