Dal Muro di Berlino ai muri mentali

di OSVALDO MIGOTTO - Ho toccato con le mani e visto per la prima volta da distanza ravvicinata il Muro di Berlino, nel febbraio del 1980, in occasione di un breve viaggio di studio nella «città divisa». Impressionato dal clima poliziesco che regnava a Berlino Est e dai racconti sui numerosi tentativi di fuga oltre la cortina di ferro finiti nel sangue, prima di rientrare in Ticino mi ero procurato un frammento di quella spaventosa barriera, colpendo con un sasso una crepa del famigerato muro.Nel mio ottimismo giovanile, l?impossessarsi di un frammento di muro esprimeva il desiderio di un progressivo sgretolamento di quel confine innaturale e crudele che da anni grondava sangue. Ricordo le torrette di controllo dalle quali le guardie di confine tedesco-orientali tenevano d?occhio quella sorta di terra di nessuno che tagliava Berlino in due. Il muro, eretto dal regime comunista il 13 agosto del 1956 per bloccare la fuga verso l?Occidente di molti cittadini di Berlino Est, mi sembrava una barriera invalicabile. Oltre la parte in muratura vi erano infatti anche i campi minati, il filo spinato e una schiera di anonimi soldati a cui era stato impartito l?ordine di sparare a vista su chiunque tentasse la fuga verso Berlino Ovest.Un muro, dunque, simbolo emblematico di quella Cortina di ferro che dalla fine della seconda guerra mondiale aveva spaccato il mondo in due blocchi contrapposti. Una divisione ideologica netta, origine di tante guerre regionali ma che, grazie alla deterrenza nucleare, non è mai sfociata in un conflitto aperto tra i due principali protagonisti della guerra fredda: Unione Sovietica e Stati Uniti.Lo battaglia finale, come noto, fortunatamente si è giocata sul fronte economico. Col presidente USA Ronald Reagan che, spingendo con decisione sul pedale del riarmo, ha costretto l?avversario a spese stratosferiche nell?industria bellica. Ciò ha messo definitivamente in crisi le malandate economie statalizzate del blocco sovietico. Da lì la crescente insoddisfazione nelle popolazioni dei Paesi dell?Est europeo e anche i ripensamenti di alcuni dirigenti politici del blocco sovietico. Mutamenti che all?epoca, agli occhi dell?opinione pubblica occidentale, non erano così percettibili. O per lo meno, pochi immaginavano che avrebbero portato al crollo della Cortina di ferro e con esso all?abbattimento del Muro di Berlino. Ma poi la Storia ha d?improvviso subito un?accelerazione; nell?agosto del 1989 la Cortina di ferro inizia a cedere vistosamente grazie alle autorità ungheresi che aprono i confini con l?Austria permettendo l?esodo di migliaia di tedeschi orientali decisi a fuggire in Occidente. Poi, in autunno, le manifestazioni di piazza nella Germania orientale, con migliaia di cittadini che chiedevano dapprima libertà di circolazione e poi anche libertà democratiche. Una crescente pressione popolare che il 9 novembre del 1989 ha spinto i responsabili del partito comunista tedesco-orientale ad annunciare l?apertura delle frontiere con la Germania occidentale. Quella barriera fisica e ideologica che per 28 anni aveva tagliato in due la città veniva così a cadere. Le telecamere di numerose Tv provenienti da tutto il mondo erano a Berlino pronte a riprendere il passo successivo: l?emozionante esodo di migliaia di tedesco-orientali che aprendosi un varco nel Muro a colpi di piccone venivano accolti a braccia aperte dai «fratelli» di Berlino Ovest. Una svolta decisiva, quella avvenuta nella Germania orientale, a cui farà seguito il crollo progressivo ed inesorabile dell?impero sovietico, il cui culmine è rappresentato dal dissolvimento, nel 1991, della stessa Unione Sovietica. Ma cosa resta oggi dei sogni e delle speranze suscitate nel mondo intero dal crollo della Cortina di ferro e dalla fine della guerra fredda? Purtroppo non molto. Alle vecchie minacce ne sono subentrate delle nuove, non certo meno temibili. Il mondo a blocchi ha lasciato il posto ad un mondo globalizzato dove si sono moltiplicate le possibilità di scambi commerciali e culturali, ma dove nuove ideologie, che spesso e volentieri usano la religione come strumento di propaganda, hanno portato alla cosiddetta guerra tra civiltà. L?Occidente che ai tempi della guerra fredda appariva piuttosto compatto, in questi ultimi 20 anni si è trovato in più di un?occasione diviso; mentre la corsa al nucleare, non solo per scopi civili, sta trasformando alcune potenze regionali in temibili mine vaganti. La globalizzazione, dal canto suo, non ha portato solo effetti positivi. Si può quindi dire che se un muro è crollato fragorosamente 20 anni fa, trascinando sotto le sue macerie odi e brutalità di una guerra strisciante, in questi ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di nuovi muri e pericolose contrapposizioni. I muri materiali che separano israeliani e palestinesi o messicani da statunitensi. Ma anche muri mentali innalzati da integralisti religiosi e da politici inflessibili. Senza scordare i muri economici sorti negli ultimi anni anche in Occidente, dove accanto a chi è costantemente alla ricerca di nuove strategie per assicurarsi maggiori guadagni, vi sono famiglie che cercano disperatamente di far quadrare i conti a fine mese. Si è diffusa insomma la tendenza a guardare il mondo con i propri occhi e secondo i propri interessi, senza cercare di capire come vive chi sta dall?altra parte del «muro». Il mondo diviso nei blocchi della guerra fredda sembra così aver lasciato il posto a un mondo globalizzato dove sono soprattutto i muri mentali a far paura.