Dalla Baviera all'Assia segnali per la Merkel

di OSVALDO MIGOTTO - Diversi analisti politici hanno parlato di terremoto politico, commentando l'esito delle elezioni regionali di domenica scorsa in Baviera. A ben guardare però il sistema Baviera non è stato stravolto dal voto. Il sensibile calo registrato dalla CSU (cristiano sociali), che come previsto dai sondaggi ha perso la maggioranza assoluta e sarà costretta a trovarsi un alleato per governare, e il crollo dei socialdemocratici (SPD), sono stati in parte compensati dall'ascesa di partiti non estremisti, come i Verdi a sinistra e gli Elettori liberi (Frei Wähler) a destra.
Tuttavia vi è chi guarda con preoccupazione all'entrata nel Parlamento bavarese dei sovranisti dell'AfD (Alternativa per la Germania) che si sono aggiudicati 22 dei 205 seggi, mostrando ancora una volta la loro capacità di espandersi nel tessuto politico-sociale tedesco. Un bel colpo per una formazione che non era presente alle regionali del 2013 di questo ricco «Land»; tuttavia il sistema democratico locale sembra reggere bene alle bordate di questo gruppo sovranista. Alle urne si sono infatti recati oltre il 70 per cento degli aventi diritto, ossia il 10 per cento in più rispetto alle regionali del 2013; numerosi anche i giovani che hanno deciso di partecipare al voto. Dunque l'interesse per il destino politico di questa regione non manca tra i suoi abitanti.
La palla ora passa ai politici, soprattutto ai leader dei partiti che hanno registrato vistose flessioni. L'analisi del voto e le contromisure da adottare per recuperare i consensi perduti coinvolgeranno evidentemente anche i responsabili delle formazioni politiche presenti nell'Esecutivo federale e, in modo particolare Angela Merkel.
Tra le file della CDU (il partito della cancelliera tedesca, alleato della CSU e della SPD nel Governo di Berlino) non sono in pochi a sottolineare che dietro la debacle dei cristiano sociali in Baviera vi sia il loro spostamento a destra e il loro scontro con la cancelliera in particolare sulle politiche migratorie. Di parere opposto sono, come prevedibile, diversi membri del partito cristiano sociale, secondo i quali sono state le aperture troppo generose della cancelliera nei confronti dei migranti a favorire l'ascesa di Alternative für Deutschland (AfD). Ma non è certo ricorrendo a questo ping pong nell'attribuzione delle responsabilità per la progressiva erosione dei consensi registrata dai partiti tradizionali che si potrà costruire un solido argine in grado di contenere entro livelli accettabili questo voto di protesta.
La crisi dei partiti tradizionali, come ha ricordato in una recente intervista Wolfgang Schäuble, presidente del Bundestag nonché storico esponente della CDU, non riguarda solo la Germania. All'origine degli stravolgimenti politici a cui abbiamo assistito negli ultimi anni vi sono diversi fattori. A cominciare dalla rapida evoluzione conosciuta dai moderni mezzi di comunicazione che nel bene e nel male riescono ad influenzare un numero elevato di elettori. Lo stesso vale per i rapidi cambiamenti conosciuti dalle nostre società, non solo a livello economico e finanziario. Mutamenti che non hanno favorito nello stesso modo le diverse classi sociali. Questi ed altri fattori hanno creato un malcontento strisciante che varia da Paese a Paese. Colpisce il fatto che anche nella ricca Baviera, dove economia ed occupazione hanno ragiunto livelli invidiabili, via sia un certo malcontento che nuovi leader politici alla ricerca di facili consensi elettorali riescono a sfruttare con abilità.
Soprattutto da quando si è capito che il crescente flusso di migranti che dall'Africa o da altre aree del mondo si dirige verso l'Europa, spaventa a morte molti cittadini del Vecchio continente. Soprattutto quelli che vivono già difficoltà economiche e vedono nei nuovi arrivati un'ulteriore minaccia alle loro condizioni di vita. Il problema esiste, ma non lo si può risolvere solo demonizzando chi bussa alle porte dell'Europa. È proprio quello che ha cercato di fare la cancelliera tedesca Angela Merkel quando nel 2015 aveva aperto le porte del suo Paese ai profughi siriani in fuga da un conflitto disumano. Un messaggio di solidarietà che, come ammettono oggi in molti nella CDU e anche nella CSU bavarese, è stato «mal interpretato» da cittadini di molti Paesi poveri. A cominciare da quelli che vivono nella «vicina» Africa.
I correttivi sono poi stati adottati sia dal Governo tedesco che da quelli di altri Paesi europei, ma ormai la carta del «nemico migrante» era stata involontariamente creata.
Lo scontro tra CDU/CSU sulla politica migratoria non ha certo favorito la tenuta di questi due partiti tradizionali. Di fronte a sfide nuove occorrono soluzioni nuove, che non si trovano facilmente se le coalizioni di governo in carica fanno scintille. Angela Merkel ha detto di aver preso nota, dopo il voto bavarese, della distanza che si è creata tra Esecutivo in carica e un numero non idifferente di elettori. Ora ci sono solo due settimane prima di un altro voto regionale cruciale, quello nell'Assia, ed è difficile immaginare che in così poco tempo sia possibile riconquistare la fiducia dei cittadini delusi. Per l'Esecutivo in carica e per la cancelliera da Francoforte stanno per arrivare segnali decisivi per il loro futuro.