Il commento

Dazi, uno sbaglio economico

Sulla base dei dati sinora disponibili, per il deficit commerciale USA non si è manifestata una tendenza al ribasso, anzi
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
28.06.2025 06:00

Sulla base dei dati sinora disponibili, per il deficit commerciale USA non si è manifestata una tendenza al ribasso, anzi. Anche nei primi mesi di quest’anno negli Stati Uniti le importazioni sono cresciute più delle esportazioni. Nonostante l’avvio della nuova ondata di dazi all’import voluta dal presidente Trump. Nel caos sui commerci suscitato dall’Amministrazione americana si attende ora di vedere se davvero ci sono o ci saranno nuovi accordi – con Cina, Unione europea, Svizzera e quant’altri – e, se sì, a quali livelli di tariffe. Bisogna però ricordare che nel frattempo alcuni nuovi dazi USA e alcuni controdazi di altri sono già entrati in vigore. E che quindi il quadro degli scambi è già in parte cambiato, non in meglio.

Gli uffici governativi USA hanno reso noto che a maggio il deficit commerciale americano, dato appunto dal prevalere dell’import sull’export, per le merci è salito su base mensile, a 96 miliardi di dollari. Dopo un trimestre gennaio-marzo in cui il deficit era molto cresciuto (sino ai 162 miliardi di marzo), in aprile c’era stato un calo a 87 miliardi. Dopo però c’è stato un rimbalzo. Il bilancio dei primi cinque mesi è nettamente negativo per gli USA. Vedremo i dati sui commerci nei servizi, nei quali gli Stati Uniti vantano invece un surplus e che però sono meno ampi di quelli delle merci. Ma, essendo il disavanzo dei cinque mesi nelle sole merci già molto salito, è difficile se non impossibile che il deficit complessivo (merci più servizi) sia inferiore a quello dello stesso periodo dell’anno scorso.

È vero che dietro il forte aumento dell’import nei primi tre mesi c’era anche l’effetto di anticipo sui dazi. In attesa di vedere quali tariffe sarebbero state annunciate da Trump il 2 aprile, molte imprese attive negli USA hanno fatto scorte, nel timore giustificato che i dazi sarebbero andati comunque ad aumentare. Una volta incrementate le scorte, l’effetto in aprile non c’è più stato. Ma in maggio il deficit è tornato a salire, confermando che dietro il disavanzo americano c’è anche qualcosa di strutturale. A fine anno si tireranno le somme e si vedrà se ci sarà stata o no la pretesa (da Trump) inversione di tendenza, ma per ora non è così.

La tendenza ad aumentare i dazi negli USA si è accentuata dal 2017 - cioè dal primo mandato di Trump, con il seguito di un Biden meno aggressivo ma non estraneo ai dazi – e il deficit commerciale complessivo da allora non è sceso, al contrario: era a 504 miliardi di dollari nel 2016, a 676 miliardi nel 2020, a 918 miliardi nel 2024. Per una parte degli esperti il deficit commerciale nel lungo produce pesanti distorsioni, per un’altra parte invece non comporta di per sé sconquassi e i problemi sono altri, tra questi il deficit e il debito pubblici ormai molto elevati negli USA. Ma, ammesso e non concesso che il disavanzo commerciale sia davvero il problema con la P maiuscola, la via per ridurlo non pare quella delle tariffe più alte, che provocano una guerra dei dazi in cui tutti alla fine perdono. Semmai, si tratta di rendere più competitivo l’export USA nelle merci e di incrementare l’avanzo nei servizi.

L’aumento del protezionismo sta causando un rallentamento della crescita economica mondiale. Poiché tutto ciò avviene mentre le tensioni geopolitiche sono forti e ci sono conflitti bellici, il colpo di freno è più consistente. Se sin qui non ci sono stati danni ancora più ingenti, è grazie alla buona resilienza - è la parola giusta - di molte economie e di gran parte delle imprese. Ma se i dazi saliranno oltre misura, un ulteriore rallentamento annuo sarà inevitabile. Ciò vale anche per gli USA, che nei primi tre mesi di quest’anno hanno subito una contrazione del PIL e che non sono riusciti ad abbassare l’inflazione come volevano, pur avendo tassi di interesse alti. È possibile che dopo il calo ci sia qualche rimbalzo per il PIL americano, ma la crescita USA per l’intero 2025 ora è vista come ben inferiore a quella del 2024 da tutte le maggiori istituzioni economiche.    

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