Di dazi e di pesci

Mentre i partiti e l’opinione pubblica spendono fiumi di parole per stabilire se il mercateggiamento che ha portato alla riduzione dei dazi USA dal 39% al 15% sia una vittoria oppure un’ inaccettabile dimostrazione di sudditanza verso gli Stati Uniti, il verdetto della SECO sul PIL della Svizzera a seguito della mannaia dei dazi americani al 39% è implacabile. «Nel terzo trimestre 2025 il PIL svizzero ha registrato un calo dello 0,5 %, dopo il rialzo dello 0,2 % segnato nel trimestre precedente». Si tratta non solo del primo valore negativo da due anni e il più pesante tonfo dal 2020 (scoppio della crisi del COVID) ma di un dato impietoso nel confronto internazionale: la dinamica congiunturale elvetica trimestrale è la peggiore dei Paesi europei. I dati del PIL dei prossimi trimestri, una volta applicata la riduzione al 15% dei dazi USA, ci permetteranno di valutare meglio la portata dell’impatto, ma intanto il segnale va preso molto sul serio. Nel comunicato stampa della SECO c’è tuttavia un altro segnale importante, di cui si è parlato poco: «Al risultato trimestrale negativo ha contribuito anche il calo del valore aggiunto nel settore dell’energia (-13,9 %), legato alla scarsa produzione di energia elettrica delle centrali nucleari durante l’estate scorsa». Una riduzione del 14% della produzione di energia elettrica delle centrali nucleari, che garantiscono un terzo del fabbisogno elettrico nazionale, è un fatto rilevante. A cosa va ricondotto? A fine maggio la centrale nucleare di Gösgen è stata disconnessa dalla rete dopo che un cambiamento dei criteri di calcolo aveva indotto a riverificare la resistenza del sistema di tubazioni dell’acqua di alimentazione (esterne al reattore) nell’ipotetico caso di un sovraccarico. Una volta forniti all’Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN) i dati di garanzia richiesti, la centrale avrebbe dovuto tornare in rete. Ma l’interruzione ha scatenato critiche e polemiche di Greenpeace e della Fondazione svizzera per l’energia, durate mesi. Greenpeace ne ha approfittato per ribadire che le centrali nucleari vanno chiuse. L’Ispettorato per la sicurezza nucleare ha respinto le critiche precisando che a Gösgen si era già proceduto a un rafforzamento delle tubazioni e che a Leibstadt e Beznau si era già optato per l’istallazione di cosiddette valvole di ritegno. I botta e risposta hanno prolungato i tempi di disconnessione della centrale di Gösgen, che dureranno forse fino a febbraio 2026. A ciò si aggiunge la disconnessione dei due reattori della centrale nucleare di Beznau. In luglio hanno infatti dapprima dimezzato e poi fermato la produzione di energia. Le ragioni sono le seguenti. La centrale di Beznau nel Canton Argovia utilizza l’acqua del fiume Aare per raffreddare gli impianti. Ciò produce in media un riscaldamento di 0.8 gradi dell’acqua del fiume. L’Ufficio federale dell’ambiente ha introdotto nel 2019 una norma che prevede il dimezzamento dell’attività se la temperatura del fiume supera anche una sola volta i 25 gradi dopo il suo uso per il raffreddamento degli impianti e lo spegnimento se la temperatura non scende. Obiettivo è la protezione dei pesci del fiume. Spetta comunque alla Commissione federale dell’energia elettrica ElCom stabilire se «le condizioni di mercato e di approvvigionamento lo permettono». Nel 2023 (dopo lo scoppio della guerra in Ucraina), si era rinunciato a disconnettere Beznau benchè fossero stati superati i 25 gradi. E non c’erano state morìe di pesci. Stavolta, invece, l’Amministrazione federale non ha ritenuto che ci fossero problemi e Beznau si è fermata. Uno dei due reattori addirittura per due mesi. Anche per Beznau, le polemiche fra i gestori della centrale, le associazioni ambientaliste, Greenpeace e le associazioni dei pescatori, infuriano. Queste ultime affermano che «sopra i 22 gradi di temperatura dell’acqua, le trote e i temoli vanno in stress». Come si vede, lo zelo dell’amministrazione federale verso un eventuale stress dei pesci è stato considerato prioritario rispetto a una situazione del mercato estremamente tesa. Si capisce che i pescatori preferiscano mangiare pesce fritto non stressato rispetto a quello stressato. Ma forse varrebbe la pena di affinare i criteri di ponderazione degli interessi generali riguardanti le conseguenze dello spegnimento contemporaneo di tre dei cinque reattori nucleari che producono il 33% dell’elettricità del Paese.
