E adesso uno scatto di normalità

Di Fabio Pontiggia - La tragedia di Genova colpisce tutti noi perché tutti noi, almeno una volta, siamo transitati sul quel ponte. Ci è familiare, lo sentiamo vicino. E questo appesantisce la tristezza e lo sgomento per quanto è accaduto. Non ci si capacita di come in un Paese moderno sia possibile che avvenga quello che abbiamo visto. Il video del giovane che coglie l'attimo del crollo, dietro le case, il suo urlo reiterato con l'invocazione a Dio hanno avuto e hanno ancora un impatto emotivo devastante. Le 39 vite spezzate dall'incuria di chi doveva garantire manutenzione e sicurezza del manufatto pesano come macigni. Poi ci sono coloro che, gravemente feriti, lottano tra la vita e la morte. E infine una città, come è stato detto e scritto, spezzata, in tutti i sensi. Difficile tornare sul piano della razionalità anche a 48 ore dalla tragedia. Nell'era dei social network l'emotività domina. Siam quasi tutti diventati esperti di ingegneria dei ponti, magistrati che hanno già individuato e processato per direttissima i colpevoli. Spuntano come funghi fotografie di altri ponti stradali in uno stato pietoso. Secondo i dati dell'OCSE, l'Italia è il Paese che, dopo la Norvegia, investe di più (spesa per km di rete) nella manutenzione delle strade. E allora ci si chiede dove vadano a finire tutti quei soldi, come mai ciò che vediamo non combaci con questi dati, che sono comunque inoppugnabili. Dubbi e interrogativi che andranno sciolti, non con le sparate giustizialiste dello sfascismo, ma con informazioni certe, documentate; con la forza dei fatti, non con la violenza dei pregiudizi settari; con un'azione politica da buon governo, non con la politica fanfarona degli annunci e dei proclami sulle reti sociali. Questa volta per davvero. Perché il torto peggiore che l'Italia può fare alle 39 vittime di Genova è tornare – una volta passato il sussulto emotivo – all'anomala normalità di un magnifico Paese che va a pezzi pur spendendo un sacco di risorse pubbliche e private. Il crollo del ponte Morandi richiede insomma uno scatto di normalità vera. Nel senso che il dopo Genova non potrà più essere come il prima. Troppe volte è stato così. Accanto ai sensori su ponti e cavalcavia ci vorranno anche sensori affidabili e impietosi lungo le tortuose strade della politica.
