Il commento

FC Lugano tra euforia e inevitabili riflessioni

Mattia Croci-Torti ha ancora un anno di contratto e Da Silva non sembra avere fretta in merito a un eventuale rinnovo: una linea di pensiero da un lato comprensibile, ma al tempo stesso pericolosa
Flavio Viglezio
28.04.2024 17:45

Berna si prepara ad un altro esodo bianconero. Per la terza volta di fila il Lugano si è guadagnato il diritto di giocare la finale della Coppa Svizzera. Non è un sogno che si avvera, ma piuttosto un obiettivo raggiunto con oculatezza, personalità, maturità e passione. I sogni sono volubili, questo Lugano invece è solido e concreto. Al Tourbillon di Sion, nel calice del successo, non ha versato calcio champagne. Ha servito un più ruvido Fendant, per rimanere in clima vallesano. La verità è che in questo momento la squadra guidata da Mattia Croci-Torti sa gestire ogni tipo di situazione. Lo ha fatto anche in una semifinale facile solo sulla carta. In realtà la sfida nascondeva parecchie insidie, su un campo che nei turni precedenti aveva visto cadere dapprima il Grasshopper e poi addirittura sua maestà lo Young Boys. Ma quello spirito della Coppa di cui è sempre stata impregnata la storia del Sion, oggi fa parte del DNA bianconero. Quello posato in Vallese è l’ennesimo mattone di una costruzione architettonicamente sempre più bella e robusta. Perché il Lugano – lo sta magnificamente evidenziando il campionato – non è solo una squadra di Coppa. È anche una squadra di Coppa Svizzera e c’è una bella differenza.

Ha ragione il Crus, quando afferma che vincere per tre anni di fila così tante partite da «dentro o fuori» è qualcosa di incredibile. Tre finali consecutive costituiscono una vera e propria impresa per la squadra bianconera. Una formazione costretta ancora per un po’ a giocare in uno stadio che di stadio ha poco, quasi sempre semivuoto. Eppure il Lugano, ad un mese dal termine della stagione, è in corsa sia per la conquista della Coppa Svizzera che del campionato. In un discorso generale, è praticamente impossibile separare le due manifestazioni, come se non ci fosse un filo conduttore a tenerle unite. Lottare per due traguardi così prestigiosi implica un dispendio di energie mentali – più che fisiche – non indifferente. Ripresisi dalle fatiche della campagna europea e recuperati alcuni illustri infortunati, i bianconeri stanno dimostrando a suon di successi di poter primeggiare su più fronti. Nessuno sa come andrà a finire la finale della Coppa Svizzera e nessuno sa come andrà a finire il campionato. Ma il solo fatto di tornare ancora una volta a Berna e di mettere allo stesso tempo sotto pressione lo Young Boys testimonia di un salto di qualità che sarebbe imperdonabile non cavalcare.

Certo, nello sport e nel calcio professionistico in particolare le cose possono cambiare molto velocemente. Beatificare Mattia Croci-Torti non avrebbe dunque senso e probabilmente il primo a voler rimanere con i piedi per terra è proprio l’allenatore momò. La dirigenza bianconera sta lavorando con serietà, Carlos Da Silva si destreggia con intelligenza tra le insidiose viuzze di un mercato non facile, ma è lampante come il Lugano non possa prescindere dalla carica e dall’idea di calcio del suo allenatore. Non a breve o a medio termine, per lo meno. Il Crus ha dato alla sua squadra un’identità chiarissima e una duttilità che permette al gruppo di gestire con ormai consumata maturità ogni tipo di situazione. La sua grinta e la passione per il lavoro che svolge sono ossigeno puro per le gambe e la mente dei suoi giocatori. Nei giorni in cui il club bianconero deve decidere se prolungare il contratto di capitan Sabbatini e risolvere al più presto la questione Hajrizi – le parti hanno già iniziato a discutere da un bel po’ –è impossibile non pensare al futuro di Croci-Torti.

Il Crus ha modellato il Lugano a sua immagine e somiglianza: un ulteriore passo in avanti – a livello di risultati – passa obbligatoriamente dalla continuità del lavoro svolto. Croci-Torti ha ancora un anno di contratto e Da Silva non sembra avere fretta in merito a un eventuale rinnovo. Una linea di pensiero da un lato comprensibile, ma al tempo stesso pericolosa. Una riflessione seria si impone, insomma. Anche perché, chissà, forse un giorno sarà proprio il tecnico ad avere voglia di calcare altri palcoscenici.

Tutto ciò non può e non deve comunque influire negativamente sul clima di grande entusiasmo che circonda i bianconeri. Un’euforia che – lo racconta il recentissimo passato – aumenterà a dismisura nei giorni che precederanno la finale del Wankdorf. Treni, bus e automobili targate Ticino prenderanno d’assalto la capitale federale, per una nuova carica dei 10.000. Dopo il tre, il nuovo numero perfetto del Lugano potrebbe diventare il cinque. Cinque, come le Coppe Svizzere in bacheca in caso di successo il prossimo 2 giugno.

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