Svizzera 2020

Fieramente europei anche fuori dall’UE

L’editoriale del direttore Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
02.01.2020 06:00

Nel dibattito politico capita che parole e concetti positivi assumano connotazioni del tutto negative. Nel nostro Paese è successo al termine Europa. Per non poche persone l’Europa è oggi quanto di peggio si possa immaginare. Il nome è automaticamente associato a un centro di potere lontano dal cittadino, caratterizzato da istituzioni debolmente democratiche (che non rispettano la sovranità dei Paesi europei) e occupato da una burocrazia ottusa e prevaricatrice, che non fa gli interessi dei popoli ma quelli delle solite élite e del classico establishment.

È evidente che questa immagine negativa è quella dell’Unione europea e non dell’Europa. A esser generosi si potrebbe chiudere qui il discorso dicendo che si tratta di una sineddoche. Ma sarebbe un’interpretazione buonista che fa violenza alla realtà dei fatti.

È una questione terminologica, certo; questo non vuol tuttavia dire che sia insignificante. L’imprecisione nelle parole nasconde spesso la confusione nei concetti. E oggi è più che mai necessario non confondere. L’Europa e l’Unione europea sono due cose diverse. La critica, giusta e legittima alle pecche dell’attuale UE, non va tramutata in un sentimento antieuropeo che non ha alcuna ragion d’essere, né storica, né politica, né culturale.

Per noi svizzeri, soprattutto, è importante evitare la confusione terminologica, che finisce con l’attribuire, appunto, al termine e al concetto di Europa una connotazione negativa, addirittura spregiativa. La Svizzera fa parte a pieno titolo dell’Europa. Le nostre lingue sono lingue europee, le nostre culture anche. Siamo stati piccoli protagonisti della storia europea, nei momenti belli e in quelli meno belli. La nostra democrazia, il nostro diritto, la nostra Costituzione sono tra le migliori espressioni e conquiste della civiltà europea. Non dobbiamo rinnegare nulla delle nostre radici europee, non dobbiamo avere remora alcuna nel definirci e nel considerarci europei a tutti gli effetti, non dobbiamo vergognarci in nessun modo del nostro status di europei.

Affermare la piena appartenenza all’Europa in quanto svizzeri, organizzati in uno Stato indipendente, è il miglior modo per evitare di concedere all’UE il monopolio dell’essere europei. Non c’è infatti un unico modo di essere europei: ce ne sono diversi. Lo si può essere come cittadini di uno Stato membro dell’UE. Ma lo si può essere, e lo si è, ugualmente come cittadini non appartenenti all’Unione. La molteplicità, e non l’omogeneità, è l’essenza dell’Europa, la sua ricchezza, la sua identità. Noi svizzeri dovremmo saperlo molto bene, perché siamo una sorta di mini-Europa, che riconosce, rispetta e valorizza le diversità. Non ci sono allora europei di serie A ed europei di serie B. Purché ci si riconosca, appunto, europei oltre che svizzeri.

Secondo noi – e lo abbiamo scritto più volte – un’organizzazione sovranazionale nel Vecchio continente è necessaria. Dovrebbero farne parte gli Stati (e i popoli) che si sono combattuti in guerra. Uno dei meriti – da molti non riconosciuto e anzi contestato, ma oggettivamente tale – dell’Unione europea è aver evitato che i Paesi che si erano fatti la guerra cadessero nuovamente in tentazione. Tant’è che nessun conflitto è più scoppiato tra Stati dell’UE, mentre fuori dell’UE c’è stata una guerra terribile come quella combattuta tra i Paesi dell’ex Jugoslavia.

Se un’organizzazione sovranazionale in Europa è necessaria, per i motivi detti, non è per contro indispensabile, né auspicabile, che tutti i Paesi europei ne facciano parte. Sarebbe indebolire l’Europa. La Svizzera, Paese europeo al 100%, è tra questi. Un Paese neutrale, che non ha preso parte ai conflitti del secolo scorso, non ha nemmeno la ragione storica per aderire all’UE. Ha scelto, invece, per reiterata volontà popolare, di rapportarsi all’UE in via bilaterale. È uno Stato europeo, che contribuisce in modo autonomo e originale allo sviluppo dell’Europa. La quale deve restare, anche per noi, qualcosa di assolutamente positivo e nostro, da non confondere con l’UE.

Teniamolo ben presente a pochi giorni dalla Brexit effettiva e per quando si apriranno le danze in vista delle importanti decisioni popolari di questo 2020. Non c’è bisogno di diventare e di professarsi antieuropei per continuare a restare fuori dell’UE. Al contrario: si può essere fieramente europei anche fuori. E non è nostro interesse un’Europa più debole quale sarebbe un’Europa più frammentata anziché più integrata secondo vie e modalità diverse, che rispettino la molteplicità del Vecchio continente.