Taca la bala

Giù le mani dalla maglia (di Wirtz)

Ma il rigore decretato a favore del Liverpool al Meazza c'era o non c'era? Alcune reazioni emerse in Italia interrogano e fanno pure sorridere
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
11.12.2025 14:30

I miei dieci affezionati lettori – qualcuno ogni tanto mi scrive anche, non sempre approvando i contenuti di questa ormai vecchia rubrica – sanno cosa penso, da sempre, a proposito del VAR. Mi fischiano già le orecchie: non è la tecnologia da discutere, si dice, bensì l’uso che se ne fa, il pastrocchio a corrente continua che si verifica nell’applicazione del regolamento. Tocca al VAR intervenire? O la decisione spetta esclusivamente all’arbitro, una figura ahinoi sempre più indebolita, fragile giudice in balia del dubbio, instillatogli dalla tecnologia impietosa, e da collaboratori che a volte sembrano messi in sala VAR solo per fare i dispetti a chi sta dirigendo la gara in campo.

Sia quel che sia, stavolta la domanda è: ma il rigore decretato a favore del Liverpool al Meazza c’era o non c’era? A chi non ha mai creduto nella potenza risolutiva del VAR come il vostro opinionista, viene molto da ridere per l’ennesima volta di fronte a un interrogativo che stando a chi vuole la tecnologia in campo non dovrebbe più avere diritto di esistere. Perché il VAR avrebbe dovuto cancellare i dubbi, che invece, come tanti piccoli demoni dispettosi, continuano a danzare attorno ai campi di calcio. Dunque siamo ancora qui, nel mare aperto dell’incertezza, delle opinioni discordanti, del VAR sì o VAR no, della trattenuta per la maglia che viene derubricata a semplice contatto con conseguente caduta dell’avversario da condannare come gesto antisportivo, o per contro scambiata come vero e proprio sgarro al regolamento, dunque punibile col rigore.

Forse sarebbe necessario che il calcio si interrogasse a fondo sui criteri applicabili dagli arbitri per sanzionare i vari episodi di gioco. L’impressione è che non ci sia uniformità di giudizio tra i vari campionati, il che porta alla contestazione a geometria variabile di molte decisioni prese dagli arbitri nelle coppe europee, dove portano il metro di giudizio esercitato in patria. Non è un caso che l’Italia del calcio, il Paese che si è inventato il «rigorino», insorga contro la decisione presa dall’arbitro tedesco Felix Zwayer e che uno come Billy Costacurta arrivi a dire che «rigori come questo ne dovremmo dare 17 o 18 a partita»; oppure che persino un uomo che capisce di calcio come Fabio Capello affermi che si tratta di «rigore scandaloso».

Di contro, seguendo la partita su Blue TV, sento due opinionisti svizzeri dalla carriera calcistica importante come l’allenatore Bernard Challandes e l’ex difensore rossocrociato e del Liverpool Stéphane Henchoz, affermare senza reticenza che sì, quello fischiato contro l’Inter è rigore chiaro e giusto, perché una trattenuta per la maglia in area di rigore va punita. Forse a Costacurta bisognerebbe far presente che se ogni trattenuta per la maglia dentro l’area venisse punita, nel giro di un paio di partite non vedremmo più difensori tirare la divisa all’avversario e così elimineremmo anche la fastidiosa sensazione del gesto antisportivo di cui si rende protagonista l’attaccante che accentua con la caduta le conseguenze dell’atto subito.

È strano però che – leoni da tastiera sui social a parte – nessuno in Italia abbia condannato l’ingenuità del difensore dell’Inter Bastoni, ricordandogli che, per principio, non si prende per la maglia l’avversario, a maggior ragione dentro l’area e quando a dirigere la partita non c’è un arbitro del tuo campionato, dove certe cose sono permesse. È più comodo, ma a me pare deontologicamente scorretto, cercare di pescare nel torbido come ha fatto la Gazzetta dello Sport, riportando alla luce un episodio di corruzione che vent'anni fa ha visto protagonista, nelle leghe minori e per pochi euro, l’arbitro Zwayer, in seguito protagonista di una carriera limpidissima, tanto che l’UEFA gli ha assegnato la direzione di molte partite importanti.