Editoriale

Giusto cancellare un divieto indifendibile

Un colpo di spugna e via: questa era la volontà del Consiglio federale in materia di adozioni internazionali comunicata ad inizio anno con un modo di fare cinico che mal si conciliava con i metodi elvetici
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Gianni Righinetti
11.09.2025 06:00

Un colpo di spugna e via. Questa era la volontà del Consiglio federale in materia di adozioni internazionali comunicata ad inizio anno con un modo di fare cinico che mal si conciliava con i metodi elvetici improntati a tolleranza, umanità e impareggiabile capacità di mediazione. La volontà di vietare a famiglie desiderose di un figlio o disposte a dare un tetto e una casa ai meno fortunati, come pure la determinazione nel cancellare il sogno (magari anche inconscio) di un bambino nato a migliaia di chilometri dall’opulenta Svizzera di poter risiedere qui e costruirsi una sua esistenza, aveva addirittura scioccato.

Aggrapparsi alle malefatte, finanche magari di cinici approfittatori, per giustificare un «mai più un’adozione», era qualcosa di davvero troppo drastico e grossolano per un Paese come il nostro, capace di suggerire soluzioni per districare le più ingarbugliate matasse internazionali. Il divieto ora è stato cancellato e il Governo, cocciuto, dovrà trovare una via d’uscita, regole e sistemi di controllo in grado di non annullare legittime aspirazioni e sogni. È una smentita su tutta la linea che pesa in maniera particolare sulle spalle (e sulla coscienza progressista) del socialista Beat Jans che ieri in aula, lottando contro i mulini a vento, si è incaponito nel difendere l’indifendibile secondo cui «nessun diritto in materia di adozioni internazionali, neppure il più severo, può escludere il rischio di abusi». Irregolarità erano state registrate in Svizzera negli anni 1970-1990, ma sono emerse solo successivamente.

Ma secondo il principio «volere è potere» toccherà giocoforza al Governo presentare una modifica del quadro giuridico per estendere i meccanismi di controllo e ridurre così il rischio di abusi. Non sarà facile, non sarà immediato e non sarà semplice? Nessuno lo mette in dubbio. Ma non vogliamo immaginare che sia letteralmente impossibile come hanno tentato di farci credere. D’altronde vietare non esclude gli abusi. Anzi, ciò che è vietato si presta al tentativo di essere aggirato, stimolando chi non agisce di certo con fare benevolo e all’insegna dell’onestà. E se parliamo di bambini la cosa si fa potenzialmente, ed estremamente, delicata. Il Governo si è fatto irretire da un gruppo di esperti secondo cui, detto in maniera nuda e cruda, «non valeva la pena» di mettere mano al sistema delle adozioni internazionali, visto che le stesse erano in calo. Una logica perversa in uno stato di diritto che persegue la sostenibilità ed equità di leggi e regolamenti. Se dovessimo adottare il criterio della quantità dei casi per i quali ricorriamo a una precisa legge, quante norme dovremmo mandare al macero? Uno scivolone clamoroso, incredibile e, lo ribadiamo, è inaccettabile che il Consiglio federale sia scivolato su questa buccia di banana.

In questa vicenda, non proprio rallegrante, è ora di guardare avanti, non prima di aver riconosciuto i meriti di molti esponenti della politica federale che hanno preso immediatamente sul serio la cosa, agendo con determinazione senza arrendersi alla volontà governativa. Il Governo non ha sempre ragione. Nel caso in esame va anche sottolineato che la società civile ha reagito e con i politici è stato messo in atto un gioco di squadra virtuoso. Quello al quale abbiamo assistito ieri al Consiglio nazionale è un segnale molto forte. Attendiamo, con fiducia, il prossimo passo. Fosse anche a beneficio di una sola famiglia o di un solo bambino.