Elezioni

Gli slogan urlati e il tonfo del M5S

Il commento di Osvaldo Migotto
Risultato decisamente sotto le aspettative per la sindaca uscente di Roma Virginia Raggi ©EPA/FABIO FRUSTACI
Osvaldo Migotto
06.10.2021 06:00

Quali sono i segnali emersi dalle elezioni amministrative italiane? Da un lato il risultato poco esaltante del centrodestra nelle principali città, frutto della crescente rivalità tra Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, e il leghista Matteo Salvini. Forza Italia, invece, ha mostrato di poter ancora contare, quando sceglie i candidati giusti, come Roberto Occhiuto, eletto nuovo Governatore della Calabria. Spicca poi la delusione di una consistente fetta dell’elettorato nei confronti del mondo politico. Il timore di possibili contagi da COVID-19 avrà pure giocato un ruolo, ma considerata l’alta percentuale dei vaccinati nella vicina Penisola, è probabile che siano stati più numerosi i cittadini che non si sono recati alle urne pensando di perdere solo il loro tempo.

Gli slogan durante i comizi, le promesse ripetute all’infinito e gli attacchi agli avversari non sembrano più in grado di mobilitare masse di sostenitori. Alcuni studiosi di politica italiana si spingono più in là, attribuendo il crollo della partecipazione al voto anche al crescente isolamento sociale. Ossia all’elevato numero di persone che per vari motivi si trovano a vivere da sole e non hanno quindi possibilità di confronto o stimoli per interessarsi alla vita politica. Era proprio sui delusi dal mondo della politica che il Movimento 5 Stelle (M5S) aveva puntato al suo esordio per creare uno zoccolo duro di sostenitori. Il movimento politico messo in piedi da Beppe Grillo e dal defunto Gianroberto Casaleggio aveva sfruttato al meglio questa strategia, riuscendo in pochi anni ad ottenere un crescente successo politico basato su proposte «rivoluzionarie», come la restituzione di una porzione dello stipendio dei parlamentari grillini da destinare a un fondo per il microcredito. Cose mai viste nella politica italiana, e anche per questo alla fine la creatura di Grillo e Casaleggio è riuscita a riunire attorno a sé sostenitori provenienti da diverse aree politiche e, soprattutto, molti giovani idealisti.

Un successo basato anche su duri attacchi contro gli esponenti dei partiti di governo. Tuttavia accanto alle critiche urlate e agli sbeffeggi nei confronti degli avversari politici sono presto arrivate anche le tensioni interne al Movimento. A finire sulla graticola e a subire l’espulsione dal M5S sono stati attivisti che non si riconoscevano in tutte le scelte piovute dall’alto e i parlamentari che non accettavano di devolvere una parte del loro stipendio al fondo per il microcredito. Malgrado le prime turbolenze interne, nelle elezioni del 2018 i grillini diventano il primo partito ma, per costituire una maggioranza, sono costretti ad allearsi prima con la Lega e poi, dopo il divorzio con il partito di Salvini, con il PD. Alleanze innaturali che col tempo hanno finito anche per mettere in luce, da un lato la scarsa esperienza politica e dirigenziale dei pentastellati, e dall’altra la scarsa compattezza del Movimento su alcune tematiche. Poi nuove espulsioni o uscite volontarie, in segno di protesta, dai gruppi parlamentari M5S alla Camera e al Senato hanno messo in luce i limiti di un Movimento composito, una sorta di fritto misto, che una volta raggiunte le luci della ribalta, ossia l’entrata in Governo, ha iniziato a indebolirsi e, a quanto pare, a prendere la via di un inesorabile declino. Criticare il sistema politico quando ci si trova fuori dalla stanza dei bottoni è facile e, per alcuni, stimolante. La situazione si fa però molto più complessa quando si assumono responsabilità di governo. I fondi a disposizione sono limitati e le richieste della cittadinanza tante, soprattutto se alimentate da anni di slogan urlati. Il fatto che nel 2019 Grillo abbia spinto con tutta la sua forza per un’alleanza con «l’odiato PD», è dovuto alla consapevolezza che un ritorno alle urne avrebbe riportato i grillini all’opposizione.

Il calo progressivo nei sondaggi del M5S è stato confermato dalle recenti amministrative. Le sindache grilline di Roma e Torino non hanno brillato. E poco è servito, come ha fatto Virginia Raggi nella capitale, attribuire la responsabilità del cattivo funzionamento di diversi servizi pubblici alla cattiva gestione delle amministrazioni precedenti, o scaricare interamente sulla Regione Lazio la colpa dei disservizi nello smaltimento dei rifiuti. A fine mandato un politico deve saper mostrare risultati concreti, indipendentemente da cosa aveva fatto chi l’aveva preceduto. Conte, come nuovo leader dei pentastellati, parte dunque con un tonfo.