Gli ufficiali dicono "Basta!"

Giancarlo Dillena
Giancarlo Dillena
13.07.2011 06:00

di GINCARLO DILLENA - Che cosa pensereste se i veicoli dei pompieri fossero sostituiti, per motivi di risparmio, da piccole utilitarie, con la giustificazione che la media annua delle piogge aumenta e quindi il pericolo di incendi si fa più raro? Oppure se ai servizi autolettiga, per la stessa ragione, fossero assegnati dei furgoncini «più economici», in cui il paziente può stare solo rannicchiato, con la scusa che oggi gli ospedali sono vicini e quindi per brevi tratti anche questa soluzione può funzionare? Direste che i responsabili si sono bevuti il cervello. Eppure questa sembra essere a molti la strada che ha preso da qualche anno la politica di sicurezza in Svizzera, per quanto concerne l?esercito. Riforme, riorganizzazioni, adattamenti, tagli di qua e di là e molta incertezza sul futuro hanno caratterizzato e caratterizzano quello che sembra diventato un grande cantiere, perennemente aperto. Una condizione che, in linea di principio, avrebbe anche ragion d?essere. La rapida evoluzione tecnologica, i mutamenti del quadro politico internazionale e di quello socio-economico interno impongono alle forze armate, non solo in Svizzera, un processo evolutivo necessario e inevitabile. Ma un conto è fissare alcuni capisaldi di principio, definire le direttrici delle riforme e quindi agire di conseguenza, anche a livello finanziario. Un altro è il perenne «bricolage», in cui molti, anzi troppi manipolano troppe cose, talvolta senza sapere bene come e perché. Così si elaborano documenti programmatici in cui si dice di tutto un po?, senza definire capisaldi e priorità, «adattandoli» poi agli umori che via via si manifestano. Si fissano compiti in base a valutazioni globali (ma anche a ciò che appare politicamente più «trendy») e nel contempo si smantellano per ragioni finanziarie parte delle strutture che sono chiamate, per obbligo costituzionale, ad assolverli.A questa situazione la Società svizzera degli ufficiali, i cui membri rappresentano insieme l?ossatura portante dell?esercito e il suo maggiore ancoraggio nella società civile, dice basta. Lo dice forte e chiaro, in tono pacato ma con fermezza: così non si può andare avanti. Soprattutto non si può andare avanti sulla via della riduzione degli effettivi, dello smantellamento di componenti indispensabili (ad esempio mezzi corazzati e artiglieria) e dello snaturamento del sistema di milizia, che rappresenta una formula a tutt?oggi valida ed efficace. E, aggiungiamo noi, un elemento storicamente costituivo della Svizzera e dell?«essere svizzeri». Le 23 «Rivendicazioni» che concludono il documento presentato ieri a Berna (cfr. pagina di Confederazione) non sono – come qualcuno potrebbe voler far credere – l?espressione degli interessi corporativi di una lobby. Sono il frutto di una riflessione interna che ha coinvolto persone militarmente competenti ma anche e soprattutto attive a tutti i livelli nella società, nell?economia, nella vita politica. Cittadini preoccupati per le derive di un?istituzione che rimane essenziale e insostituibile – al di là degli slogan, delle manovre d?ispirazione ideologica e delle vedute di corto raggio – per la sicurezza e l?indipendenza del Paese. Solo chi non ha memoria storica, chi non sa guardarsi intorno, chi antepone preoccupazioni e interessi di piccolo cabotaggio all?interesse generale può coltivare l?illusione che una credibile politica di sicurezza possa fondarsi solo sull?attivismo diplomatico, sugli accordi internazionali, sull?aiuto altrui in caso di bisogno. Pie e fragili illusioni, che già si sono dimostrate tali in occasione dei recenti conflitti fiscali con i vicini e quelli che credevamo «tradizionali amici» della Svizzera. In questo contesto un esercito con effettivi ridotti all?osso, carente sul piano dell?equipaggiamento e alimentato da risorse finanziarie insufficienti non farebbe altro che dimostrare, agli occhi di chi ci sta intorno, l?indebolimento generale di un Paese un tempo guardato con ammirazione e rispetto anche per la sua dimostrata volontà di salvaguardare con ogni mezzo la propria indipendenza e libertà (che vuol dire anche spazio di manovra sul piano politico e tutela degli interessi economici fondamentali).Scegliendo di presentare il suo documento a tre mesi dal rinnovo del Parlamento federale, la Società svizzera degli ufficiali lancia un chiaro segnale a tutto il mondo politico, chiedendogli di uscire dall?ambiguità. Un messaggio rivolto ai futuri parlamentari ma anche al Consiglio federale, che anche sul dossier della difesa sembra spesso muoversi in «disordine sparso». E in primo luogo rivolto al ministro della Difesa che, dopo aver suscitato molte speranze al momento di girare pagina sull?era Schmid, ha saputo poi soprattutto deludere e suscitare critiche. Così, dice la SSU, non si può assolutamente andare avanti.