Grazie Rio, ora prenditi cura di te

Una veduta notturna di Rio.
Fernando Lavezzo
22.08.2016 06:00

di FERNANDO LAVEZZO - Grazie Rio, obrigado Brasile. E buona fortuna, ne avrai bisogno. Ci hai offerto un'abbuffata di sport, di emozioni, di vittorie e sconfitte. Di contraddizioni, soprattutto. Ma nonostante queste ultime, noi abbiamo scelto di gustarci ogni boccone, imparando a convivere con i piccoli disagi quotidiani, con le tue distanze esagerate, con le tue strade intasate. Presto, forse, capiremo davvero cos'è la «saudade», quella nostalgia di cui parli spesso. Alla prossima grigliata brinderemo a te, alle tue affollate churrascherie, quelle con il televisore sempre sintonizzato sui Giochi, in attesa della prossima medaglia brasiliana. Passeggiando sul lungolago penseremo ai tuoi colli, alle tue spiagge, ai tuoi tramonti mozzafiato. Ora, però, dobbiamo proprio partire. Ci aspetta un ultimo sforzo. Una giornata da incubo in aeroporto: «Andateci almeno sei ore prima del vostro volo», suggeriscono le tue autorità. Quest'avventura, del resto, poteva solo finire così: nel traffico, armati di pazienza. In fondo, come ci ha insegnato tu, un rimedio si trova sempre. Ti salutiamo tutti: la fiamma si è spenta, la festa è finita. A te, cara Rio, lasciamo i postumi della sbronza, i piatti da lavare, il conto da saldare. Hai organizzato le cose in grande, pensavi di potertelo permettere, ma non era così. Politici corrotti, recessione, povertà, disparità sociali, criminalità: avevi ben altro a cui pensare. In qualche modo te la sei cavata, ma è adesso che inizia il difficile. Ci sono città che usano le Olimpiadi e Olimpiadi che usano le città. L'impressione è che per te valga il secondo caso. L'eredità sarà pesante, gli elefanti bianchi pure. Ingombranti e non particolarmente utili. Che te ne farai, ora, di quella splendida pista di BMX e di quel circuito di mountain bike che hai costruito proprio in mezzo alle favelas? Lo hai spiegato, a quei bambini scesi in strada a tifare con la bandiera del Brasile disegnata su un cartone, che la corsa non sarebbe passata davanti alle loro catapecchie? Cosa hai raccontato, a quei ragazzini, a proposito dei militari e dei mezzi blindati che hai piazzato sotto le loro finestre, per proteggere i Giochi da quella triste realtà? Certo, hai riqualificato la zona del porto, puoi vantare impianti sportivi nuovi di zecca, uno di questi diventerà una scuola. Ma per una città sull'orlo del fallimento, le prospettive non sono esaltanti. Hai accolto il mondo, Rio. Lo hai protetto come meglio hai potuto, lo hai fatto viaggiare su corsie preferenziali, gli hai mostrato i tuoi incredibili panorami. Lo hai anche fischiato sonoramente, il resto del mondo, quando ti ha sfidato su un campo di basket, di tennis, di pallavolo. Persino nel salto con l'asta. Così non si fa, te lo hanno detto in tanti. Il tifo contro non appartiene allo spirito olimpico. Ma ti perdoniamo, perché sei abituato così, alla dura «legge dello stadio». Grazie Rio, obrigado Brasile. Davvero. Ora, però, non pensare più a noi. Restituisci quella corsia veloce ai tuoi pendolari. Prenditi cura di te e della tua gente. Riparti da loro, da quei bambini di Deodoro e delle altre favelas, malgrado tutto felici per aver intravisto, anche solo da lontano, un inaccessible carnevale fuori stagione. Riparti dall'orgoglio del tuo popolo. Da chi, per due settimane, ha pregato affinché andasse tutto bene, per dimostrare a tutti che il Brasile c'è ancora. Che può farcela. Riparti da lì, da un Paese unito dietro a una squadra di calcio per l'oro più desiderato. Un simbolo di rinascita, dopo il fallimento al Mondiale casalingo. Riparti dalle belle storie di riscatto che hai saputo raccontare. Da Rafaela Silva, cresciuta in una favela ed ora campionessa olimpica di judo. Sfrutta lo sport e la tua Olimpiade per portare un messaggio di speranza. Dillo, a quei bambini, che anche loro ce la possono fare. Ma non lasciarli soli. Perché da soli possono solo sognare.