Greta Thunberg, il sandwich israeliano e la vera informazione

«Che ci faceva lì? Non lottava mica per il clima? Voleva solo soddisfare il proprio ego». Nelle ultime ore, tanto per cambiare, se ne sono sentite di tutti i colori su Greta Thunberg. L'attivista, partita giorni fa dalla Sicilia a bordo della Madleen per portare aiuti umanitari alla popolazione stremata di Gaza, è stata fermata e presa in consegna, nella notte fra domenica e lunedì, dall'esercito israeliano. Con lei altri 11 volontari provenienti da più Paesi.
E a fare notizia, non il fatto che lo stop israeliano alla missione assistenziale - verificatosi in acque internazionali - sia avvenuto, accusano organizzazioni umanitarie e non solo, «in violazione del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario». No: a tenere banco, appunto, la presenza stessa di Greta Thunberg, spesso etichettata online come «inopportuna, egocentrica, inutile». Come se l'attivismo, che intrinsecamente si basa sulle gesta di chi ha il coraggio di metterci la faccia, non dovesse materializzarsi mai. Come se agire, oltre che parlare, fosse un crimine passibile di pena capitale. O come se la guerra a Gaza - che per altro, secondo un recente studio apparso sui media internazionali, ha un'impronta CO2 superiore alle emissioni annuali di 100 Paesi, presi individualmente - fosse argomento da evitare per chi prima ha combattuto per il clima.
Sul web - non certo specchio fedele dell'opinione pubblica, ma vale la pena menzionarlo - a dominare in queste ore sembra essere la foto prontamente scattata a Greta nel momento in cui un soldato israeliano, ad «arrembaggio» avvenuto, le allungava un panino al pastrami. O quella, più recente, che mostra l'attivista, cintura allacciata, sull'aereo con il quale è stata rispedita in Europa.
Nell'ambito di una «guerra di informazione» evidentemente combattuta sia da Hamas sia da Israele, come l'ha descritta di recente il consigliere federale Ignazio Cassis, ridurre la Madleen e la sua missione a un picnic finito male sullo «yacht dei selfie» è sicuramente un colpo da maestri per Tel Aviv. Ciò non toglie, tuttavia, che - per quanto simbolica e certo non decisiva per il flusso di aiuti umanitari a Gaza - l'azione di Greta Thunberg e compagni voleva rispondere a bisogni concreti e reali, quelli di una popolazione che, al netto della criticata e claudicante operazione messa in atto con la Gaza Humanitarian Foundation, si ritrova oggi, ancora, affamata.
Visto quanto facilmente un evento possa essere presentato al pubblico sotto luci diverse, l'assenza di media internazionali nella Striscia di Gaza, sul cui ingresso Israele ha, salvo rari «tour guidati», posto un veto, non può che preoccupare. A sorpresa in viaggio nel Levante, Cassis - da comunicato del DFAE - incontrerà fra oggi e domani il ministro degli affari esteri israeliano, Gideon Sa'ar, e quello palestinese, Mohammad Mustafa. Non solo: parlerà anche con i rappresentanti delle organizzazioni internazionali attive nella Striscia di Gaza e sostenute dalla Svizzera, così da «farsi un'immagine più completa possibile della situazione umanitaria a Gaza». Una «immagine più completa» che, a dire il vero, il mondo intero vorrebbe - ma, in questo momento, non può - avere.
Calzante, in tal senso, l'appello lanciato giorni fa da Reporters Sans Frontières e da oltre 130 media del mondo, tra i quali anche BBC, con il quale è stata chiesta a Tel Aviv l'apertura della Striscia ai giornalisti stranieri e la protezione dei reporter palestinesi (200 dei quali sono stati uccisi dai raid israeliani da inizio conflitto: mai così tanti in una singola guerra). Una misura che, certo, aiuterebbe - se non a fermare - almeno a limitare la guerra di informazione di cui parlava lo stesso Cassis, anche nell'interesse di Israele.
Da vedere, considerata la comprensibile (ma, a tratti, estenuante) prudenza applicata a Berna nella gestione dell'incarto, se la Svizzera riuscirà finalmente a farsi portavoce, in quanto Paese depositario delle Convenzioni di Ginevra, di questo aspetto così importante per la piena comprensione di ciò che sta accadendo a Gaza.