Il business dello sport e il gioco di squadra

Quella di ieri è stata una nuova giornata di incontri e incroci tra il Governo e alcuni attori della società e dell’economia cantonale. È stato il turno del mondo dello sport professionistico, dopo che martedì erano stati ricevuti i rappresentanti dei principali carnevali pronti sin d’ora a rinunciare a maschere e bagordi nel 2021. Altri faccia a faccia (ma con le debite distanze), sono previsti nelle prossime settimane in un Ticino tornato in doppia cifra (10 casi sulle 24 ore), cosa che non accadeva dal 21 maggio. Non è il caso di allarmarsi più del dovuto, ma in questa fase occorre rimanere prudenti. In questo senso va letta la decisione del Consiglio di Stato di mantenere per altre due settimane le misure a livello cantonale, come la mascherina o visiera per il personale della ristorazione, il limite dei 100 ospiti a sera per bar club-discoteche e gli assembramenti non oltre le 30 persone. Rimane poi valido l’obbligo decretato a livello federale della mascherina sui mezzi pubblici. Il tutto in attesa della ripresa della scuola e delle molte attività collaterali dei nostri ragazzi: questo sarà il principale banco di prova perché, lo abbiamo capito negli scorsi mesi, a molto si può anche rinunciare, ma la formazione e la socializzazione scolastiche sono due capisaldi nella crescita dei nostri ragazzi e dei nostri figli.
Se per alcune categorie nulla cambierà a breve, i club sportivi vogliono capire come potranno agire dal 1. ottobre, da quando, per decisione del Consiglio federale, potrà essere nuovamente superata la soglia dei 1.000 partecipanti, un limite che è stato a lungo invalicabile e che presto, tornare a lasciarselo alle spalle, suona come una vittoria, sportivamente parlando, come un gol importante, seppur non ancora decisivo. Ma in questo momento meglio non eccedere con i facili entusiasmi e mantenere i piedi per terra. I lavori sono ancora in corso e il cantiere rimane aperto per tentare di trovare le soluzioni efficaci dal profilo sanitario, sostenibili da quello organizzativo e sufficienti dal punto di vista finanziario. Il quadro delineato è giocoforza ancora a tinte fosche, in attesa della schiarita che arriverà da Berna entro il 2 settembre: quella in atto è una corsa contro il tempo, da affrontare però con grande responsabilità e con la mente lucida. Le società di hockey e calcio si stanno dando da fare per essere pronte alla prova della ripartenza vera, dopo che l’hockey aveva cancellato improvvisamente il campionato 2019-2020 alla vigilia dei decisivi playoff, mentre il calcio ha terminato la stagione del coronavirus ad inizio agosto. Mese in cui, in regime di normalità, sarebbe già ripartita la nuova stagione. Quotidianamente ci troviamo a rincorrere una certa normalità, per renderci poi conto che di normale ed usuale c’è davvero poco. Al punto che l’eccezionalità sta diventando normalità. Basti citare l’esempio della mascherina, è sempre più naturale indossarla quando gli spazi fisici di alcuni luoghi impediscono il mantenimento della cosiddetta distanza sociale. E la mascherina, diventerà una nuova normalità allo stadio dove l’urlo per la squadra del cuore non sarà più quello di prima, un po’ perché ci saranno meno spettatori e un po’ perché il filtro su bocca e naso lo attenuerà, rendendolo più sordo.
Dovremo abituarci a un maggiore ordine e disciplina, concetti che fanno a pugni con quanto si vedeva sulle gradinate dove gli spettatori avevano una mano impegnata a tenere in mano il bicchiere di birra (o la più raffinata flûte) e l’altra libera per gesticolare dalla gioia o per disperazione. Il tutto, ovviamente, non in perfetto silenzio, bensì nel caos tipico che si viveva allo stadio nell’era pre-coronavirus.
Per le società sportive di punta, Hockey Club Lugano, Hockey Club Ambrì Piotta, Football Club Lugano e Football Club Chiasso il momento è molto delicato, vitale. I budget di questo quartetto si misurano a suon di qualche decina di milioni di franchi. Chi più chi meno, si tratta di vere e proprie aziende che vivono dello sport e di tutto quanto ruota attorno e non possono rinunciare alle entrate del pubblico perché nella nostra realtà il tifoso-abbonato conta ancora: nessuno sta in piedi grazie ai diritti televisivi. Il business dello sport oggi non ha nessuna certezza di riuscire a sopravvivere allo tsunami passato della pandemia e a possibili ritorni di fiamma. Alla politica, cantonale e federale, il compito di dare una mano a queste realtà, non tanto per alimentare qualche stella strapagata o capricciosa, ma perché la passione del cittadino tifoso non può essere ignorata anche dal profilo sociale. Oggi, più che mai, ci troviamo di fronte a una partita che, facendo astrazione dall’imponderabile incertezza, si può vincere sono grazie al gioco di squadra.