Il clima freddo tra Pechino e Washington

Il vertice tra Donald Trump e Xi Jinping ha segnato una breve pausa nello scontro commerciale tra le due potenze, ma non ha posto alcuna base per una soluzione duratura. Si tratta di una tregua che evita una escalation del confronto, ma che non ferma il processo di disaccoppiamento tra le due economie mondiali. Questo vertice si è tenuto in tempi accelerati per la minaccia cinese di bloccare la produzione occidentale di armi, di chips, di telefonini e di automobili che dipendono dalla disponibilità delle terre rare di cui Pechino detiene il monopolio.
In pratica, per la prima volta Pechino ha messo sul piatto una misura in grado di spaventare Washington con il risultato di ottenere dai cinesi la promessa di sospendere per un anno il blocco delle esportazioni. Ma non a caso, questa sospensione si esaurirà proprio alla vigila delle elezioni di midterm negli Stati Uniti. Pechino ha pure sospeso il blocco dell’export di 700 componenti chimiche, che sono indispensabili per la produzione di antibiotici ed altre medicine, ed ha promesso una forte azione per bloccare l’esportazione di quelle componenti con cui si produce il fentanyl, una droga che uccide molti americani. In cambio ha ottenuto la riduzione dei dazi del 10%, che sono così scesi al 45%, poco più di quelli imposti alle esportazioni svizzere negli Stati Uniti. D’altro canto, gli Stati Uniti si sono impegnati a togliere molti limiti sull’export di nuove tecnologie americane in Cina, dal canto suo Pechino riprenderà le importazioni di soia. Infine, i due Paesi hanno concordato l’eliminazione delle tasse sull’entrata delle navi container nei rispettivi porti.
Al termine del vertice nessuna conferenza stampa, né un comunicato congiunto. Dunque un clima freddo che non ha permesso ai due leader di parlare di Taiwan e solo di accennare alla guerra in Ucraina, con ambedue favorevoli ad una rapida fine del conflitto. Ma in Corea del Sud non vi erano i presupposti per cercare di andare oltre, anche perché il commercio tra i due Paesi è calato del 20%, ma la bilancia commerciale cinese è rimasta in forte attivo nonostante la diminuzione dell’export verso gli Stati Uniti. Insomma Pechino ha trovato altri mercati di sbocco soprattutto tra i Paesi emergenti per ampiamente compensare le esportazioni verso l’America.
La battaglia tra i due Paesi si gioca in realtà sulle nuove tecnologie e in questo campo sia Trump sia Xi hanno teso a rimandare il confronto nel tempo, sapendo che nel campo delle nuove tecnologie lo scontro sarà inevitabile, anche perché il recente piano quinquennale del PCC dà assoluta priorità alla competizione tecnologica con gli Stati Uniti. Pechino è infatti perfettamente consapevole che gli Stati Uniti mantengono un forte vantaggio nei superconduttori (ossia i famosi chips), nel loro grande mercato di consumo interno, nel dollaro quale moneta di riserva mondiale e nella rete di alleanze costruita in questo dopoguerra. La Cina non vuole un conflitto nel breve termine e quindi lavora per essere in una posizione migliore nel lungo termine. In conclusione, il clima tra le due superpotenze rimarrà teso e non è prossima alcuna intesa che possa allentare la tensione. Appare dunque giustificabile il fatto di accontentarsi di questa pausa di un anno nello scontro commerciale.
