Il Mattino compie vent'anni. Uella!

Il fenomeno editoriale del Matttino della Domenica, organo ufficiale della Lega dei ticinesi, è stato analizzato da Giovanni Galli in un commento apparso sul CdT del 18 marzo 2010. Lo riproponiamo oggi agli internauti del CdT Online per ricordare Giuliano Bignasca.
«Il Mattino della domenica» compie vent?anni. È un traguardo che nessuno, all?inizio, gli pronosticava. Nell?ambiente si diceva che era un azzardo e che non aveva mercato, perché non aveva alle spalle una grossa agenzia pubblicitaria e non c?era distribuzione. Invece ha smentito tutto e tutti, diventando in breve tempo un fenomeno editoriale e, subito dopo, il braccio armato di un partito che avrebbe scardinato gli equilibri consolidati, lasciando da lì in avanti un segno profondo nella politica ticinese. Nato dall?intuito geniale di un personaggio intemperante e sfrontato come Giuliano Bignasca e dalla penna pungente di un giornalista portato agli eccessi come Flavio Maspoli, il Mattino è stato l?incubatrice della Lega. La storia del giornale e quella del movimento sono inscindibili. Non si può parlare dell?uno senza tenere conto dell?altro, perché ogni numero è, di fatto, un congresso. Il giornale senza il partito che gli fornisce la materia prima, o il partito senza il giornale a fargli da grancassa, non sopravvivrebbero.Un po? come quei ragazzini che vanno a scuola con grembiulino, occhiali e cartella, e poi si trasformano in teppisti, il «Mattino» ha avuto un?infanzia brevissima. Il primo editoriale di Maspoli, intitolato «Coerentemente tolleranti», visto con gli occhi di oggi, era un inno al politicamente corretto. Il giornale rappresentava un unicum nel suo genere. Aveva occupato il mercato domenicale e, soprattutto, era gratuito. Ma per stile, contenuti e impaginazione rientrava ancora nei canoni classici. Era fatto di servizi e di notizie, con molto sport per «bruciare» i quotidiani tradizionali. Poi, con l?intervento sempre più pesante dell?editore, ha cambiato pelle. È diventato aggressivo e ha adottato un linguaggio aspro e diretto, iniziando a mettere alla berlina la classe dirigente di allora, in particolare quella di area liberale-radicale e PST. L?effetto è stato quello di un elefante in una cristalleria. L?insulto mascherato da acronimo, l?errore di stampa volontario per storpiare i nomi (con la beffa delle scuse la domenica seguente), l?invettiva senza ritegno, il ricorso al turpiloquio, sono stati lo strumento per aprire una breccia e imporsi all?attenzione di un (e)lettorato abituato fino a quel momento a modi più compassati. Erano i tempi dei «cassamalatari», dei «Saddam Lusser», dello «S.C.E.M.O., di «Mammaloturk» e di un neologismo sopravvissuto fino ad oggi, «bambela». Bignasca ha cominciato a collezionare una serie di denunce, che gli sono valse condanne in sede penale. Mentre Maspoli, sempre meno disposto a subire le incursioni del principale (compreso un trasloco dell?intera redazione da Locarno a Lugano, senza preavviso) e ormai preso da altre ambizioni, aveva imboccato un?altra strada.Sarebbe fuorviante, tuttavia, limitarsi a considerazioni di facciata. Un conto è la forma, detestabile finché si vuole, un altro la sostanza. I modi rozzi e sbrigativi usati dal «Mattino» sono stati il canale di sfogo di un Paese che rifiutava i vecchi schemi, che portava avanti le sue piccole vendette, che voleva emanciparsi dai partiti e che si faceva schermo con il giornale per qualsiasi forma di protesta, dal parcheggio abusivo sotto casa ai costi della salute. Persino la gerarchia cattolica, mettendo a disposizione le rotative della Buona Stampa, era entrata in gioco, a dimostrazione che le cose stavano cambiando anche in quell?area. Il populismo, gli attacchi agli stranieri, i proclami autonomisti, l?antipolitica, la delegittimazione dell?autorità, in sé non avevano nulla di originale. Erano già stati cavalli di battaglia di altri. Bignasca però è riuscito a sintetizzarli e ad incanalarli, passando sopra tutte le contraddizioni. Il Mattino è diventato quello che è diventato grazie al concorso di tanti, in parte insospettabili, in parte sospettabilissimi, che hanno alimentato la macchina da guerra del Nano celandosi dietro la sua firma, ad appellativi improbabili o a sigle generiche. Dario Robbiani, che fungeva da consulente per la comunicazione ed era al tempo stesso presidente del Partito socialista unitario, è stato la punta dell?iceberg di questo collateralismo, a cui hanno preso parte, per le ragioni più diverse, un po? tutti, giuristi, giornalisti, portaborse, intellettuali di varia estrazione, e persino politici non necessariamente leghisti, inclini alla doppia morale. La sede di via Monte Boglia è diventata un grande confessionale dei peccati degli altri, abilmente confezionati a caratteri di stampa. A vent?anni, e ad immagine della Lega, il Mattino sembra sempre godere di relativa buona salute. Ha un lettorato stabile, colleziona qualche denuncia (che nella sua ottica è un titolo di merito) e riesce a conservare lo spazio che si era ritagliato, con un mix di sparate, ardite soluzioni grafiche e una prosa pittoresca. Piaccia o no, resta la voce di una parte del Paese, delle sue contraddizioni e della sua natura incestuosa. Come direbbero gli anonimi estensori: Uella!!!