Il «Muppet Show»

Pensavo di fare una partita a scacchi con Asia mentre al porto comunale aspettavamo che arrivassero le casse di «Barbera fatto col mulo» da caricare sul battellino per andare a rifornire gli amici di Caprino. Avevo già preparato la scacchiera e i pezzi, bianchi da una parte e neri dall’altra, ma la mia amica microinfluencer del lago s’è rifiutata di giocare. «Metti via quella roba, se qualcuno ci vede può denunciarci per razzismo», mi ha detto, mostrandomi la notizia secondo cui finalmente si è scoperto perché lo scorso anno il canale YouTube di scacchi Agadmator sia stato bloccato per un giorno: per razzismo, perché ci sono bianchi contro neri. Così aveva stabilito l’algoritmo di YouTube. Una vera barzelletta, ora minimizzata parlando di errore. Resta comunque un chiaro segno dei tempi, del rimbambimento da politicamente corretto. Un’altra notizia di questa settimana ci dà la misura di quanto sia pericoloso lasciare in libertà i produttori seriali di minchiate. Dopo aver già messo il bollino della scomunica politicamente corretta su alcuni classici d’animazione come «Dumbo» e «Gli aristogatti», la scure rieducatrice della Disney si abbatte adesso su un mito degli anni Settanta del secolo scorso, il «Muppet Show», con i suoi ironici pupazzi-marionette surreali e impudenti: la rana Kermit, miss Piggy, i maiali nello spazio, l’orso Fozzie, i due vecchiacci brontoloni Statler e Waldorf, per citarne alcuni. Gli episodi di allora saranno ritrasmessi con l’avviso che «il programma include rappresentazioni negative e/o trattamenti sbagliati nei confronti di persone o culture. Questi stereotipi e comportamenti erano sbagliati allora e lo sono oggi». Infine, il grande messaggio all’umanità: «Disney si impegna a creare storie con temi ispiratori e ambiziosi che riflettano la ricca diversità dell’esperienza umana in tutto il mondo». Asia, troppo giovane per conoscere i Muppet e quindi per indignarsi dell’insulso moralismo disneyano, dice che la ricca diversità dell’esperienza umana se la sta già godendo guardando lo show luganese del Polo sportivo. Che effettivamente sta diventando una specie di «Muppet Show», con i liberali impegnati in un’epica e forse fatale guerra intestina, i socialisti in grave imbarazzo che chiedono lumi alla loro base come fanno i 5 Stelle in Italia con la piattaforma Rousseau, i leghisti un po’ più furbi, almeno per opportunismo schedaiolo, nel seguire adesso il loro sindaco, dopo che fino a ieri il loro organo di stampa definiva il progetto megalomane, il Maracanà di Cornaredo. Creativo il presidente del Football Club Lugano. Ospite della trasmissione «Matrioska» su TeleTicino, il buon Angelo Renzetti, nel criticare quei liberali che «vanno dietro» al Movimento per il socialismo, ha affermato che tutto ciò significa «ingabbiare l’ente pubblico e far sì che tutta Lugano diventi un Molino autogestito». Oibò, che vuol dire? Gli autogestiti all’ex Macello si saranno ringalluzziti e avranno sghignazzato pensando al ventilato sgombero. Già vent’anni di inazione politica li hanno legittimati; dal 19 aprile il vicesindaco Bertini, che in passato aveva avuto sussulti muscolosi, sparisce dal Municipio; difficilmente il sindaco Borradori, se rieletto, andrà a cercar rogne nel suo ultimo triennio; adesso Renzetti parla di Lugano come di un grande Molino autogestito. Ma non è una pacchia? Siamo proprio al «Muppet Show». E che nessuno ci metta la museruola del politicamente corretto.