Il Natale diverso adesso è servito

Siamo ormai alla Vigilia. Un tempo, i giorni che precedevano il 25 dicembre e l’ultimo giorno dell’anno erano frizzanti, festosi. I saluti per strada, sul posto di lavoro, all’uscita dai negozi, alle casse dei grandi magazzini, erano, di solito (accompagnati da un sorriso dei colleghi, degli amici, delle cassiere) un augurio a trascorrere in serenità l’ultimo periodo dell’anno con uno sguardo beneaugurante ai 12 mesi che sarebbero seguiti. C’era, nell’aria, una sorta di elettricità festosa che contagiava soprattutto i bimbi in attesa dei doni che sarebbero arrivati da parte di Gesù Bambino, di Babbo Natale, della Befana, dei Re Magi. Le visite, tra l’altro, ai negozi di giocattoli, di gastronomia erano tappe d’obbligo, magari anche ripetute, perché si voleva ritornare a cercare, ad acquistare qualcosa che in precedenza non era stato notato o era stato dimenticato. Davanti alle vetrine scintillanti di luci e di prodotti messi in bella mostra, volti interessati di adulti e nasi di bimbetti, a volte schiacciati contro i vetri. Strade affollate, così pure i teatri, i cinema, le sale da concerto in questo periodo dell’anno votate a tema natalizio, le chiese. Le domande di rito tra parenti e conoscenti non tralasciavano un puntuale accenno a dove avremmo trascorso (e con chi) le feste. Natale a casa, in mezzo ad allegre (per qualcuno noiose) tavolate e poi, la notte di San Silvestro, cenoni a volontà con amici. Oppure via in vacanza, sulla neve o al mare. Anche l’informazione strizzava l’occhio alle feste in arrivo con servizi e temi di approfondimento sul Natale. Sui giornali, pubblicità di ristoranti, di agenzie di viaggio che offrivano momenti di buona cucina, di svago e di relax. Nelle case, la Vigilia era in certe famiglie un via vai di amici e parenti che arrivavano a fare gli auguri, a portare un presente a grandi e piccoli. «Ci vediamo a Santo Stefano da noi», era, non di rado, il saluto di commiato. In alcuni casi il tempo natalizio, per diverse persone, rappresentava un periodo di stress. Non mancavano le frasi tipo: «Non vedo l’ora che finisca questo periodo. Basta, non se ne può più. Un altro anno me ne vado in vacanza lontano, da tutto e da tutti. Il Natale dovrebbe essere diverso».
Ecco, adesso il Natale diverso (in un modo, comunque, che nessuno avrebbe mai auspicato e immaginato) è servito. È arrivato il coronavirus e con esso la pandemia. Che ha preso possesso, con il suo carico di contagi e di decessi, delle prime pagine di giornali e di servizi radio-televisivi. Che ha modificato, anzi stravolto, il nostro modo di vivere. Sui quotidiani tengono banco da mesi articoli sull’andamento della pandemia dovuta a questo killer invisibile e su quanto consigliano medici e scienziati. Si parla del vaccino che è arrivato. Sono aumentate in modo importante il numero delle pagine con gli annunci funebri di persone decedute, spesso a causa del virus. Non mancano volti conosciuti, anche di persone a noi vicine. Appuntamenti culturali annullati, gite cancellate, bar e ristoranti silenziati. Economia in crisi. Anche le celebrazioni delle messe hanno subito cambiamenti di programma.
Se si parla di Natale, si parla di feste che devono essere blindate, per evitare il diffondersi dei contagi. Ai consigli sul come passare questi giorni in allegria gustando piatti della tradizione e no, sono subentrati, a pieno titolo, suggerimenti (che suonano come ordini) su come trascorrere il 25 dicembre e i giorni successivi in sicurezza. In strada e in casa: sì, perché anche in casa non si può più essere al sicuro, se arrivano persone (anche congiunti) che non vivono, solitamente, con noi. Ed ecco le puntuali indicazioni dei medici che vogliono evitare il diffondersi della pandemia anche nelle abitazioni private. L’ideale sarebbe rinunciare (e ciò dappertutto) a stretti contatti. Ma non è sempre così: basta guardare le foto di certi assembramenti, della folla che anima alcuni centri. Quello del 2020 è un Natale diverso, per qualcuno da dimenticare, per altri no. Ci sono famiglie che quest’anno il 25 dicembre penseranno ai congiunti scomparsi (o ricoverati in ospedale) a causa del coronavirus. Chi lo trascorrerà in famiglia, anche allargata, osservando le regole circa i numeri dei presenti, non sarà sereno come gli altri anni. Occhio alle posate, ai tovaglioli, a non utilizzare stoviglie usate da altri commensali. Ognuno dovrà avere il proprio asciugamano. E poi la distanza a tavola. Regole importanti, che non dovranno essere dimenticate (anzi) se gli ospiti pernotteranno in casa. Il tutto sotto gli occhi meravigliati dei pastori del presepio e della Sacra Famiglia: gli unici (se non in alcune vignette satiriche) a non utilizzare la mascherina.