Il pane è sacro, il sonno anche

Questa notte ci siamo svegliati di soprassalto. No, non stavamo sognando un Europeo senza VAR, che per la Svizzera e Mario Gavranovic avrebbe significato tanto. Purtroppo a farci perdere il sonno è stato il muezzin, che attorno alle 3.30 ha richiamato i fedeli di Baku a una delle preghiere giornaliere stabilite dal Corano. A dirla tutta, anche gli antipasti misti della casa, aggrediti in centro nel post partita, non hanno favorito riposo e digestione. Delle due, preferiamo comunque puntare il dito contro la cantilena e il salmodiare del nostro talacimanno di fiducia. Inutile sottolineare come l’intervento della polizia, per chiedere di abbassare i toni, non sia comunque contemplato.
Eppure di agenti a disposizione ve ne sarebbero parecchi. In queste ore azere ne abbiamo visti a centinaia. Ovunque. E anche sabato pomeriggio allo stadio olimpico, il rapporto con gli ottomila e rotti spettatori presenti era probabilmente di uno a uno. Per sbaglio, cercando l’entrata riservata ai media, ci siamo avvicinati al tappeto rosso steso in prossimità della tribuna d’onore. Avete in mente la reazione delle forze dell’ordine dopo il ceffone rifilato a Emmanuel Macron? Ecco...
La capitale dell’Azerbaigian, d’altronde, è considerata sicurissima. Gli indici legati al tasso di criminalità si situano a livelli molto bassi. Tranne alla voce «corruzione e concussione». Per quanto riguarda la questione muezzin, dicevamo, c’è però ben poco da fare. E ci mancherebbe. La fede è fede e anche a livello sportivo non abbiamo riscontrato particolari malleabilità. Per dire: uno degli addetti dell’hotel dove alloggiamo ha voluto unirsi a noi, mentre guardavamo Turchia-Italia. Per poco non si mette a piangere, osservata la controprestazione della selezione guidata da Senol Günes. «Per noi è logico tifare i nostri vicini e amici turchi» ci ha detto, classando la spiegazione alla voce «banalità». Il tutto prima di andare lunghissimo con una controsservazione. Come Lewis Hamilton nel finale del GP corso proprio settimana scorsa a Baku. «Immagino che voi svizzeri proviate la stessa cosa per la nazionale italiana. Vero?». Con educazione, e dopo una ventina di secondi di silenzio surreale, abbiamo fornito i necessari chiarimenti. «E il Ticino. E la ramina. E il derby. E i sentimenti anti questo e quello».
Insomma, la sacralità può essere declinata su più piani. In Azerbaigian, ad esempio, il pane non può essere buttato nel cestino né posato per terra. Per questo motivo, dietro diversi palazzi, se ne trova di raffermo appeso agli alberi o a un gancio. Di più. Qualora un pezzo dovesse cadere al suolo, sarebbe opportuno baciarlo. Per scusarsi, già. E con chi vuole dormire serenamente la notte come la mettiamo, invece? D’accordo il pane, ma anche il sonno è sacro.