Il sondaggio, le urne e il Ticino

di FABIO PONTIGGIA - Sembrava dover essere un nuovo duello fra Lega e PLR e invece la partita vera verrebbe giocata fra Lega, PPD e PS. Questo ci ha detto ieri il terzo sondaggio elettorale realizzato per il «Giornale del Popolo». Siccome la società che l'ha effettuato (la Ad hoc Informatica), per le elezioni cantonali di aprile ci aveva azzeccato, è bene prendere sul serio questi nuovi dati. Determinanti, per l'attribuzione degli otto seggi ticinesi al Consiglio nazionale, sono le alleanze (congiunzioni di liste). Lega e UDC arrivano al 28,7% dei voti (in aprile, separate, avevano totalizzato il 30% nell'elezione del Gran Consiglio, con equilibri interni molto diversi). Il Partito liberale radicale, che non ha alleati, si fermerebbe al 24,4%, due punti abbondanti in meno rispetto ad aprile e addirittura un piccolo passo indietro anche rispetto alle federali del 2011, quando l'ex partitone ottenne il 24,8% (sempre dei voti e non delle schede: la ripartizione dei seggi si fa sui primi). Il distacco dall'alleanza Lega-UDC sembra incolmabile e il sogno di recuperare il terzo seggio alla Camera del popolo destinato a svanire. Se così sarà, il presidente del PLR Rocco Cattaneo ne uscirà molto indebolito. Anche perché il sondaggio lo dà alle spalle degli uscenti Giovanni Merlini e Ignazio Cassis. Il PPD, oggi senza presidente, dovrebbe confermare i suoi due seggi al Nazionale: con l'appoggio delle listarelle di Generazione giovani del Sopra e del Sottoceneri e dei Ticinesi nel mondo, è dato al 20,6%, in buona ripresa sulle cantonali e lievemente sulle federali del 2011. La sorpresa è che il sondaggio prevede Marco Romano davanti a Fabio Regazzi. Il Partito socialista, nonostante le congiunzioni con i partitini di estrema sinistra, si fermerebbe al 18,9%, un bel balzo ma insufficiente per strappare l'ottavo seggio a Lega-UDC (e ancor più al PPD). Il distacco dall'alleanza leghisti-democentristi è tuttavia limitatissimo. Per estromettere la consigliera nazionale Roberta Pantani e mandare a Berna Raoul Ghisletta insieme a Marina Carobbio, l'alleanza di sinistra dovrebbe fare almeno i due terzi dei voti di Lega-UDC più uno. Non è impossibile, ma in un cantone in cui i votanti hanno plebiscitato l'iniziativa contro l'immigrazione di massa (e in cui la maggioranza ha sempre osteggiato i Bilaterali) sarebbe un'autentica sorpresa. In casa PPD c'è qualche preoccupazione: ma la locomotiva Lombardi agli Stati dovrebbe trainare indirettamente anche i due vagoni al Nazionale. Dunque, liberali radicali in difficoltà, leghisti con qualche patema, UDC con il vento in poppa (le federali sono altra cosa rispetto alle cantonali), PPD tranquillo ma non troppo, PS speranzoso in ripresa. Restano i Verdi. Il sondaggio prospetta per loro un nuovo flop (sotto il 6% dei voti e fors'anche sotto il 5%), dopo quello abbastanza clamoroso delle cantonali. Le dimissioni del coordinatore Sergio Savoia di certo non aiutano; le acide accuse e controaccuse interne di questi giorni men che meno. Un partito allo sbando, quello ecologista, che dovrà rimettere assieme numerosi cocci. E non sarà un'impresa facile. Il 18 ottobre potrebbe per finire non cambiare nulla quanto alla rappresentanza del Ticino a Berna. Se questo dovesse essere il verdetto ufficiale delle urne, le elezioni federali del 2015 assumeranno un significato politico molto forte, anche in vista delle comunali dell'anno prossimo. I mutati equilibri scaturiti dalle cantonali del 2011, e successivamente confermati, diverrebbero la nuova geografia politica di un Paese preoccupato di difendersi più che occupato a progettare. Il contesto politico è favorevole a una politica di questo genere: le pressioni sul mercato del lavoro e la crescente concorrenza dei frontalieri fanno passare in secondo piano la crescita complessiva dei posti di lavoro e la diminuzione tendenziale della disoccupazione, espressioni di un'economia che sa ancora competere; i sentimenti di diffidenza e anche di disprezzo verso l'Italia escono tranquillamente allo scoperto; gli attacchi esterni e i cedimenti interni sul segreto bancario inaspriscono il rigetto verso tutto quanto ha a che fare con l'Unione europea; gli Accordi bilaterali e quelli di Schengen e Dublino sono visti come la causa di ogni male e di qualsiasi disfunzione. In questo clima sarebbe proprio una sorpresa se le previsioni dei sondaggi venissero smentite dalle scelte dei cittadini nel segreto dell'urna.