L'editoriale

Il valore aggiunto di un turismo senza eccessi

Si chiama "iperturismo" e sta rovinando alcune delle zone più belle d'Italia - Un confronto con la nostra realtà, più "lenta" ma ancora vivibile
©Gabriele Putzu
Giona Carcano
19.08.2025 06:00

«Rinunciamo al riconoscimento Unesco». Osvaldo Finazzer, albergatore e presidente del comitato per la salvaguardia dei passi dolomitici, l’ha buttata lì. Esasperato dalla massa di persone che in queste settimane ha preso d’assalto la sua regione - provocando infinite code per un posto sulle funivie e bivacchi improvvisati -, l’altoatesino ha chiesto di compiere un gesto eclatante: togliere, appunto, il marchio Unesco affiancato alle Dolomiti nel 2009.

Secondo lui, vendere a livello planetario un luogo facilmente accessibile provoca l’effetto cartolina: un turismo di bassa qualità, veloce come uno scatto col telefonino, superficiale e poco rispettoso dell’ambiente. Un turismo non strutturato, che al territorio non lascia nulla ma che sottrae tanto. Un discorso simile lo si potrebbe fare per le Cinque Terre o la Costiera Amalfitana. Luoghi diventati - complici i social, gli influencer e in generale una promozione turistica scriteriata - ingestibili. Troppa gente. Sono gli effetti perversi dell’iperturismo, che tocca anche i nostri vicini comaschi. In una recente edizione del CdT, ad esempio, veniva riportato del caos sul Lario. Turisti da tutto il mondo, oramai impossibili da contenere, fanno la fortuna di barcaioli abusivi, taxi boat e altri mezzi simili. Il sindaco di Como Alessandro Rapinese, per cercare di tamponare la situazione, ha imposto di alzare le multe da 50 a 250 euro per i cosiddetti «buttadentro », ossia gli incaricati di accalappiare il visitatore e - appunto - «buttarlo dentro» un ristorante, un battello o un trenino turistico. Una misura, quella del sindaco, che è solo un cerotto su una grave ferita.

Una volta finiti nel vortice dell’iperturismo, uscirne è impresa difficilissima, perché il fenomeno semplicemente si autoalimenta. Più persone, più visibilità sui social e arrivi che si moltiplicano in brevissimo tempo. E la pressione su territorio e abitanti cresce anno dopo anno, stagione dopo stagione. Un effetto del genere lo abbiamo vissuto pure in Ticino qualche anno fa, quando un gruppo di giovani ha postato un video della Verzasca con il richiamo «le Maldive a un’ora da Milano». Ricordate?

Era il 2017 e quel video, diventato virale, aveva attirato frotte di visitatori mordi e fuggi, provocando grossi disagi in tutta la valle. Anche la nostra regione, pur con tutte le differenze del caso, corre quindi il rischio di subire l’iperturismo.

Passato Ferragosto, fra poche settimane sarà già tempo di tirare le somme della stagione ticinese. Un’estate che sembra reggere e addirittura crescere rispetto allo scorso anno. Fluttuazioni fisiologiche, che se analizzate guardando a chi subisce l’iperturismo, confortano. Il Ticino si regge anche su questo settore, non a caso le organizzazioni si arrovellano per trovare nuovi mercati, nuovi turisti, un marketing innovativo. Un turismo che si spera rimarrà vivibile, capace di portare benefici condivisi, senza gli eccessi che devono sopportare alcune regioni vicine a noi.