Il vero bersaglio è l'Iran

Gerardo Morina
Gerardo Morina
06.05.2013 06:00

di GERARDO MORINA - Israele ha bombardato per la seconda volta in pochi giorni la Siria. Ha agito in seguito alle informazioni ricevute dal suo controspionaggio che parlavano di consegne di un carico di missili iraniani ai miliziani libanesi e filo-Damasco di Hezbollah. Questo il bersaglio immediato, ma il vero destinatario dell?ostilità israeliana è ancora una volta Teheran, il nemico numero uno a causa dell?arma nucleare che si starebbe costruendo. Israele è in allarme perché la galassia anti-Assad sta assumendo contorni sempre meno rassicuranti, con jihaisti e presunti qaedisti che minacciano di mettere le mani sull?arsenale chimico del regime di Damasco. E a questo proposito non sarebbero casuali gli attacchi con gas nervino che il rais siriano avrebbe cominciato a sferrare contro i ribelli nelle due ultime settimane. Mentre gli USA si distanziano da un loro coinvolgimento, Gerusalemme impone dunque una propria «red line» d?intervento e lo fa anche perché ritiene che le frontiere siriane stiano in qualche modo sbriciolandosi. Ne è segno il fatto che il Golan è stato blindato e, attraverso la Giordania, i droni israeliani controllano che tra Siria e Libano non ci siano scambi di missili o di gas letali. Secondo gli esperti militari, Israele starebbe studiando la possibilità di  delimitare in territorio formalmente siriano una sua «zona di sicurezza», profonda 16 km, oltre le alture del Golan occupate nel 1967. Nello stesso tempo, Israele mira a fornire un sostegno psicologico e forse anche militare ai ribelli anti-Assad, approfittando del fatto che questi ultimi hanno di recente subito da parte delle forze governative pesanti offensive che si sono concentrate intorno alle città di Damasco e di Homs. Almeno per ora i bombardamenti siriani in Siria rappresentano un rischio calcolato, dal momento che Israele considera improbabile che la Siria sia in grado di reagire. Il presidente Assad teme infatti la forza militare israeliana, molto più imponente di quella messa in campo dai ribelli siriani. Il rischio di una conflagrazione di un conflitto più ampio verrebbe semmai dall?intenzione di Teheran di scendere in campo, evenienza alla quale si sta preparando mantenendo ben fornito l?arsenale militare in dotazione a Hezbollah. Se i miliziani libanesi non negano più da tempo di combattere oltre frontiera a fianco di quelli di Assad, si vocifera della presenza in loco di iraniani. Non a caso sabato scorso il vice comandante delle forze Pasdaran, generale Hossein Salami, notava che «i confini di sicurezza» di Teheran si sono ormai allargati al Mediterraneo orientale.Da parte loro i miliziani di Hezbollah mirano a ricevere da Teheran quantitativi sempre maggiori di armi sofisticate in modo da parare l?eventualità che Assad venga fatto cadere e la Siria cessi di essere un canale privilegiato per il rifornimento di armi  da parte iraniana. Inoltre Teheran usa la minaccia  di un attacco missilistico delle forze di Hezbollah contro il territorio israeliano al fine di rafforzare i propri alleati e di dissuadere Israele dal compiere raid aerei contro le installazioni nucleari iraniane che, secondo lo stesso Israele e gli Stati Uniti, fanno parte di un più vasto programma di armamenti nucleari. In più, un forte esercito Hezbollah potrebbe servire da valido alleato nel caso già ricordato in cui Assad venga costretto ad abbandonare Damasco e trovare rifugio in un territorio creato con il sostegno di Teheran sulla costa siriana e non lontano dalla valle libanese della Bekaa, notoriamente dominata da Hezbollah.Gli analisti militari americani  non sanno di preciso se i nuovi rifornimenti di armi iraniane alla Siria  siano destinati ad uso degli Hezbollah oppure del governo di Assad, sempre più a corto di missili nella guerra civile che sta conducendo contro i ribelli. Sta di fatto, dicono le stesse fonti, che Hezbollah dispone oggi di un maggior numero di missili di quelli che possedeva prima  degli attacchi compiuti nel 2006 contro Israele, quando i missili  lanciati dai miliziani libanesi si spinsero a sud fino a colpire la città di Haifa, costringendo al coprifuoco  un terzo della popolazione israeliana.L?allarme di Israele è infine dovuto alla difficoltà nel fronteggiare la rivolta siriana. Dopo quarant?anni di quasi ininterrotta tranquillità al suo confine nordorientale, oggi Gerusalemme teme che la violenza siriana debordi nel suo territorio con la prospettiva che la Siria del  dopo-Assad si trasformi in una vasta zona non più controllata da nessuno e dove a dettar legge rimanga un gruppo di estremisti islamici.