Inclusioni e esclusioni

Nemo Mettler - musicista e cantante svizzero che ha vinto l’Eurovisione della canzone (ESC) lo scorso anno a Malmö - si è unito ai 72 ex partecipanti che esigono l’esclusione di Israele dall’edizione 2025 che ha preso avvio domenica a Basilea, in un clima blindato per timore di derive violente delle manifestazioni filopalestinesi. «L’atteggiamento di Israele è contrario ai valori che l’Eurovisione è chiamata a rappresentare: ovvero la pace, l’unità e il rispetto dei diritti umani» - ha affermato Nemo -. Organizzatrice del concorso canoro è l’Unione europea di radiodiffusione, di cui è membro anche l’ente radiotelevisivo israeliano. I firmatari di una lettera aperta accusano non il Governo di Netanyahu per quello che sta facendo a Gaza, bensì la radiotelevisione israeliana KAN, giudicata «co-responsabile del genocidio e di un regime di apartheid contro i palestinesi», e per questo chiedono la sua esclusione dall’Eurovisione della canzone, analogamente alla decisione presa contro la Russia nel 2022. I firmatari accusano addirittura «l’Unione europea di radiodiffusione (UER) di complicità con il genocidio israeliano».
L’UER ha respinto fermamente le accuse, rifiutando l’analogia con l’invasione russa in Ucraina e respingendo la richiesta di esclusione della società di radiodiffusione israeliana. L’UER richiama invece valori che dovrebbero essere cari a Nemo Mettler e a tutti i musicisti: «L’ESR non è certo immune dagli eventi globali - afferma il presidente del Concorso Martin Green - ma la missione dell’ESC è proprio di garantire che il concorso resti un evento universale, che promuove legami, diversità e inclusione, e questo proprio grazie alla musica. Ciò vale anche nei confronti di Israele». Gli organizzatori dell’ESC di Basilea rincarano: «Nemo ha firmato il Codice di condotta del concorso musicale ed esso sottolinea che l’ESC è un evento gaio, non politico, dedicato alla musica e alla cultura»; «i partecipanti si impegnano ad astenersi dalla propaganda politica».
Manifestamente, Nemo e i firmatari dell’appello all’esclusione dal concorso della rappresentante israeliana Yuval Raphael non sembrano tenere in gran conto la forza universale, di inclusione della musica. Come può l’esclusione di un’artista a partire dalla sua nazionalità contribuire alla «pace e all’unità» propugnate da Nemo? Probabilmente non gli è presente il Concerto per violino e orchestra di Beethoven, registrato nel 1947 a Lucerna, concerto della riconciliazione dopo l’orrore della Shoah, interpretato dal grande violinista ebreo Yehudi Menuhin e dal grande direttore d’orchestra tedesco Wilhelm Furtwängler (che era stato accusato di collusione col regime). Non è grave. Ma non può non far riflettere la contraddizione nella quale incorre l’artista svizzero, contraddizione che nel caso della richiesta di escludere Israele è stridente. Da un lato egli si presenta - come ha fatto a Malmö - brandendo non la bandiera svizzera ma quella della comunità queer, non binaria. Il titolo stesso della sua canzone «Code», è l’affermazione di un codice, di una bandiera che afferma il diritto ad avere un’identità sessuale non binaria. Egli antepone la bandiera di una libera identità personale a quella degli Stati e critica gli organizzatori dell’ESC: «Proibire bandiere “queer” sulla scena è un’idiozia. Non si può essere il concorso canoro più queer al mondo e poi dire “Non vogliamo che gli artisti sventolino le bandiere simbolo della causa queer”». Dall’altro lato, egli propugna l’esclusione di una cantante solo perché appartiene ad uno Stato. Nemo denuncia le contraddizioni dell’ESC e sembra non vedere le proprie. Quando afferma «Se non sono io che racconto la storia di quanto succede in Palestina, nessuno lo farà al mio posto. Questa storia va raccontata». La storia di Israele che bombarda Gaza va quindi raccontata. Ma perché la storia dell’israeliana Yuval Raphael, sopravvissuta alla strage di Hamas del 7 ottobre, non può essere raccontata? Perché Yuval (viva solo perché si è nascosta sotto i cadaveri dei partecipanti al Rave musicale Tribe Nova, massacrati perché festeggiavano gaiamente) non dovrebbe poter cantare a Basilea una canzone che non fa propaganda politica ma dice «Tutto il mondo piange, ma l’oscurità sparirà, un nuovo giorno sorgerà, tutto il dolore passerà…?». E quando, «From the river to the sea», Israele dovesse essere annientato e cancellato - come vogliono Hamas, l’Iran e tutti gli odiatori dei giovani che amano ballare insieme gaiamente - chi in Medio Oriente difenderà ancora il diritto dei «queer» di essere liberamente quello che sono?