Karl Marx è tornato a Londra

Gerardo Morina
Gerardo Morina
15.09.2015 06:00

di GERARDO MORINA - Fu a Londra che Karl Marx e Friederich Engels pubblicarono nel 1848 il Manifesto del Partito Comunista. Ed è a Londra che il loro epigono Jeremy Corbyn, eletto sabato scorso leader del partito laburista, ha portato nella politica britannica uno sconvolgimento che, secondo il quotidiano «The Independent», non si verificava dai tempi dell'introduzione nel Paese del suffragio universale. Col rosso Corbyn è andato giù duro, tranciando in un sol colpo i legami con il Nuovo Laburismo liberale che Tony Blair aveva instaurato più di vent'anni fa. Come un animale preistorico decriogenizzato piovuto all'improvviso sul campo, Corbyn si presenta come un nostalgico di sinistra, pronto a compiere una piroetta all'indietro e a riportare le lancette dell'orologio a quando, alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, il Labour era dominato dalla sua corrente radicale, con Michael Foot ai vertici e Tony Benn nel ruolo di agguerrito contestatore anti-nucleare. La Storia dice che tra i laburisti, i quali dal 1945 a oggi hanno portato al numero 10 di Downing Street cinque primi ministri, le due anime, l'ala sinistra appoggiata dai sindacati e quella moderata rappresentata dall'élite parlamentare, hanno sempre convissuto. Ma ogni volta che l'ala radicale ha avuto la meglio, il Labour ha sempre finito col pagarla a caro prezzo. Storica fu la sconfitta elettorale subita nel 1979 ad opera della rampante conservatrice Margaret Thatcher, dalla cui costola nacque poi Tony Blair, il laburista del nuovo corso eletto premier nel 1997 con la maggioranza più ampia della storia del Regno Unito. Di recente, sotto la guida di Ed Miliband, il partito aveva assunto una veste meno moderata, ma in sede elettorale neppure tale cambiamento, nelle elezioni dello scorso maggio, era risultata pagante. Sopraffatto dai voti a favore di Cameron e soprattutto dal Partito Nazionalista Scozzese e dagli anti-europeisti di Nigel Farage, Miliband aveva subito una cocente sconfitta, non esitando a dimettersi. Corbyn dimostra oggi di aver saputo cogliere la palla al balzo, se non fosse per il fatto che le sue rischiano di essere pie illusioni. La campagna di Corbyn è stata aiutata da un'impennata di nuovi iscritti, i quali hanno pagato tre sterline per partecipare alla consultazione, il che ha fatto sì che il numero degli aventi diritto al voto risultasse triplicato. La brusca sterzata a sinistra ha fatto colpo sui suoi sostenitori, affascinati dal rosso cupo di un ex-outsider, che non ha paura a dichiararsi marxista, antimonarchico, pacifista, pro-migranti e anti-capitalista. A leggere il suo programma, Marx gioisce nella sua tomba al cimitero di Highgate: lotta all'egemonia di Wall Street, espulsione dei privati dalla Sanità, aumento della spesa pubblica, lotta alle misure di austerità, maggiore tassazione sui ricchi, nazionalizzazione delle ferrovie e delle compagnie energetiche. In politica estera il neo-leader si ritiene nemico di Israele e amico di Hamas e Hezbollah e vuole portare il Regno Unito fuori dalla NATO, mentre in ambito UE è un tiepido eurofilo. Non si schiera infatti a favore dell'uscita di Londra dall'Unione, ma critica Bruxelles non per la troppa burocrazia bensì per l'eccessivo liberismo che vi regna. A sostenere il programma saranno ora i componenti del suo gabinetto-ombra che a quarantotto ore dal voto che l'ha reso leader Corbyn ha provveduto a nominare. Ma quali sono le sue reali prospettive? Misere, al di là del suo approccio di protesta che lo rende simile a Syriza in Grecia e a Podemos in Spagna, movimenti che, va notato, si sono tuttavia costituiti in organizzazioni politiche autonome, mentre per il partito laburista tutto si gioca in casa, in un clima di aspre divisioni: tra la sinistra e i deputati laburisti in Parlamento, nonché tra i «compagni» della nuova ora e gli elettori. Le posizioni assunte da Corbyn sono così radicali che difficilmente riuscirebbe nell'intento di riunificare il partito, all'interno del quale si sta instaurando un clima da guerra civile. Mentre il premier conservatore Cameron è convinto di trarre vantaggio dall'estremismo del nuovo leader dell'opposizione, i banchi di prova che attendono Corbyn saranno le elezioni in Scozia del prossimo anno e il referendum sulla permanenza di Londra nella UE. Un conto è infatti misurarsi con le file laburiste, un altro sarà invece cimentarsi all'esterno, offrendo una formula che coniuga marxismo e populismo, da usare come leve per scalzare l'odiato sistema esistente. E se le urne rimanessero ancora una volta semivuote?