La bionda aurora del LAC

(foto Fiorenzo Maffi)
Michele Fazioli
Michele Fazioli
28.09.2015 03:03

di MICHELE FAZIOLI- Venerdì sera all'inaugurazione musicale del LAC la Nona sinfonia di Beethoven (eseguita in modo sontuoso dall'Orchestra della Svizzera italiana) è planata con la sua forza di strumenti e coro sulle signore e i signori, le autorità e la gente, i melomani che hanno composto il pubblico di quella prima che assumeva l'accento di un evento storico: come ha detto in apertura il presidente della Fondazione dell'orchestra, Pietro Antonini, lo spazio nuovo e scintillante del LAC (che può piacere tanto o poco come esito estetico ma ha una sua forza di presenza e un bell'inserimento urbanistico) accoglierà nel tempo, a partire da questo primo concerto beethoveniano, centinaia e poi migliaia di artisti e orchestre. Fra cinquanta, fra cento anni, quando noi non ci saremo più da un pezzo, lì dentro risuoneranno le note che musicisti di almeno due generazioni più in là eseguiranno, legando con il filo della bellezza l'oggi nostro al domani di altri. Bastava questa emozione? No che non bastava. Prima della Nona gli orchestrali dell'OSI e il coro della RSI (in tutto circa 120 fra musicisti e cantori) hanno intonato l'inno nazionale svizzero. Mille persone si sono alzate in piedi e si sono lasciate avvolgere dalla resa sinfonica e poi dall'attacco del coro: «Quando bionda aurora, il mattin c'indora...». All'ultima nota del grandioso finale l'applauso fragoroso rivelava la commozione che aveva preso tutti quanti: qualcuno poi parlerà addirittura di un «formicolio da pelle d'oca»... C'è negli animi di una collettività anche la forza di una simbologia che esprime un linguaggio in cui forma e sostanza danno luogo a un sentimento pubblico. Si è trattato, dentro l'evento, anche di un segno di appartenenza, di una gratitudine per storia e radici. Lo hanno capito tutti, anche il direttore d'orchestra russo Ashkenazy, anche gli artisti provenienti da paesi e continenti diversi, anche gli spettatori non svizzeri: quella piazza, quella città, quella Svizzera italiana sono la dimora civile dove è nata la nuova avventura culturale, questo è il piccolo e grande Paese che le circostanze ci hanno assegnato, anche per volergli bene. Si vuole bene a una comunità nazionale anche tenendone accese la storia e la cultura viva, anche «facendo» cultura, non importa se riuscendoci sempre o talvolta sbagliando. L'inno nazionale svizzero «per coro e orchestra» ha voluto dire anche questo ed è stato giusto e bello farlo risuonare. Un analogo coraggio non ebbero le autorità nazionali nel 1991, alla cerimonia inaugurale del settimo centenario della Confederazione a Bellinzona, sotto la grande e bella tenda disegnata da Mario Botta: fra molti discorsi, emozioni e musiche, davanti a tutte le autorità della Svizzera e in diretta televisiva con tutto il popolo elvetico, non fu eseguito l'inno nazionale (ma erano altri tempi, c'era nell'aria una specie di fronda intellettuale, un malumore un po' ideologico per il senso patrio, quasi ad averne un po' vergogna). Onore al LAC e all'OSI che (come succede del resto ogni anno alla prima della Scala, quando si suona l'Inno di Mameli) hanno avuto l'intuizione civile di eseguire un inno che sarà anche retorico e vecchio (e forse va ritinteggiato) ma è il nostro inno. Poi è arrivato Beethoven. Ascoltare la Nona è un po' come, che so, leggere brani della Commedia o di Guerra e pace, vedere la Sistina o L'homme qui marche di Giacometti. Una tensione d'umanità, uno struggimento di intelligenza per cercare di dire con le note tutte le domande, lo scoramento, la speranza di un'epoca ma anche di ogni tempo: tutto dentro poco più di un'ora di musica. È impressionante pensare che quella maestosa, drammatica e palpitante sinfonia fu composta quasi 200 anni fa da un musicista ammalato, stanco, completamente sordo. Per fortuna la bellezza che nasce dalla genialità non muore mai. L'udito percosso e commosso dell'uomo d'oggi cancella la sordità disperata di un grande compositore sfortunato vissuto fra Sette e Ottocento.

In questo articolo: