L’opera che vorrei

La calunnia del Botticelli

La rubrica di Salvatore Maria Fares
Sandro Botticelli, Firenze 1445-1510 - La Calunnia, 1491-1495, tempera su tavola, cm. 62x91 - Firenze, Galleria degli Uffizi. ©ProLitteris
Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
16.12.2020 06:00

Ogni sua opera è desiderabile per la bellezza, per i pregi pittorici e per i soggetti coraggiosi e inconsueti ricchi di dettagli essenziali. Fu interprete della corrente filosofica denominata neoplatonismo e già questo ci indica la sua inclinazione al verismo anche nei soggetti mitologici. Sembra volere accorpare alcuni valori cristiani a certi principi etici precedenti. Se la calunnia era bandita nella cultura classica, il cristianesimo con il monito a rifiutare la «falsa testimonianza» consacra un principio morale importante. Le sue allegorie sono potenti. Nel 1491-95 dipinge la più forte: la Calunnia, tavola di piccole dimensioni ma immensa nel suo messaggio affidato alla simbologia: Re Mida, pessimo giudice, siede in trono prestando ascolto all’Ignoranza e al Sospetto, mentre tende la mano al Livore che in sembianza di miserabile trascina davanti al sovrano la Calunnia, la quale viene ornata dalla Frode e dall’Insidia; la Calunnia a sua volta trascina per i capelli l’Innocenza denudata, e quindi resa impotente da tanti carnefici. Dietro seguono, distaccate e assorte ad altro, la Penitenza coperta di abiti scuri e la Verità, nuda e distante mentre indica il cielo. La potenza dell’effetto di Botticelli sta nella concatenazione di fattori che determinano la condizione dolorosa dei calunniati, per i quali bastano due parole malvagie per trovarsi a terra. La Verità è distante, poiché il pessimo giudice pone fra quella e se stesso un muro di alimentatori che raccolti fanno una potenza ineluttabile. È una pagina d’arte e di monito morale senza tempo e invariabile, poiché la realtà contemporanea, nell’immutabile costante delle inclinazioni più aberranti dell’uomo, non si discosta da questa raffigurazione allegorica del Maestro quattrocentesco. La Calunnia non chiede prove. Le bastano gli alleati, fra i quali il Livore e la Frode sono i più potenti. La Calunnia vola dalle bocche di chi sa deliberatamente di compiere un misfatto, non solo morale, e vola negli orecchi di chi altrettanto deliberatamente la raccoglie allo stesso fine. Botticelli sottolineava come rechi più danno una calunnia di una frode. Anche le canne intorno alla fossa in cui uno andasse a sussurrare una calunnia non saprebbero tacere, come avviene nella storia di Re Mida: Pan e Apollo lo avevano scelto come giudice per una sfida al suono del flauto. Mida preferì Pan attirandosi l’ira di Apollo che gli fece crescere gli orecchi d’asino poiché aveva dato un giudizio parziale. Un servo infedele scavò una fossa in cui mormorò ciò che aveva visto, poi la ricoprì; ma il vento stesso sparse ciò che aveva udito. Il servo però gli orecchi di Mida li aveva almeno visti. La classicità «ornamentale» di quest’opera rende solenne il giudizio che il pittore diffonde e sottolinea la debolezza e l’impotenza del calunniato di fronte all’inganno della bellezza che avvolge la Calunnia tutta intenta nel suo egoismo narcisistico mentre si fa acconciare dalla Perfidia e dalla frode. Trionfa solo l’immagine della Verità, con gli occhi e il dito rivolti al cielo, a ricordare che c’è una Giustizia suprema.