La capretta, il lupo e il porco

Come si fa a raccontare a un bambino l'indicibile rischio di cadere vittima di un pedofilo? Con una fiaba...
Carlo Silini
24.03.2017 05:19

di CARLO SILINI - Come si fa a raccontare a un bambino l'indicibile rischio di cadere vittima di un pedofilo? Con una fiaba: c'era una volta una capra che allevava i suoi sette capretti. E quelli trascorrevano gran parte del loro tempo navigando sul computer: «Se vi capita di incontrare nuove persone mentre chattate su Internet – raccomandava loro la mamma – tenete sempre presente che non sapete veramente con chi avete a che fare. Dietro un falso profilo, ad esempio, potrebbe nascondersi il lupo cattivo che vuole intrufolarsi tra i vostri amici per adescarvi e poi mangiarvi».

Che candido orrore. Eppure è normale che il lupo adescatore e la chat delle caprette siano i protagonisti delle favole contemporanee. Questa l'abbiamo trovata sul sito della Prevenzione svizzera della criminalità. Roba da farti venire il magone, dopo un primo momento di divertito stupore. Perché sì, anche i bambini del 2017 hanno diritto al loro spauracchio, al babau dal quale devono imparare a guardarsi. Ma quando, procedendo nell'ascolto della fiaba (è audioregistrata) abbiamo sentito la capra madre ammonire i propri piccoli dicendo «mi raccomando: non inviate mai foto di voi nudi, solo il lupo cattivo può chiedervi una simile cosa», ci siamo ricordati degli uomini neri della nostra infanzia. Dov'è finito l'esibizionista col soprabito apri e chiudi che si nascondeva dietro i cespugli del parchetto? Che fine ha fatto lo sconosciuto elargitore di caramelle non richieste che non si dovevano assolutamente accettare? Su Internet. Magari è un vantaggio, perché non te li devi aspettare per strada, non è lì che colpiscono. Sicuramente è un incubo, perché vengono a stanarti in camera tua, nel tuo computer. Sono più furbi di un tempo, meno riconoscibili. Nel mare dell'online si mimetizzano con enorme facilità. Lo capisci proseguendo nell'ascolto della fiaba dove, nel frattempo, il lupo cattivo perfeziona il proprio falso profilo. Eh, sì: mica lo vedi nelle sue reali e schifose fattezze. Si spaccia per un giovane becco attraente, sportivo, profumato e comprensivo. Ma dietro la falsa foto del profilo, resta quello che è: più porco che lupo, se così si può dire. Infatti, chattando con una capretta, non teme di chiederle «una foto di te tutta nuda», e vedendo che quella esita aggiunge: «Sei così brutta, o ti manca soltanto il coraggio?»

Ignoriamo chi abbia adattato la fiaba dei fratelli Grimm alle modalità d'adescamento d'inizio del terzo millennio, ma gli riconosciamo la capacità di raccontarci storie imbarazzanti col linguaggio semplice dei ragazzi che frequentano le chat. Così succede, purtroppo, che una capretta ci casca. Magari si sente carina e sicura di sé, magari invece è un po' impacciata ma non ha voglia di passare per pavida e – click – ecco che la foto parte. Con la richiesta di ricevere in cambio una foto dell'altro, del lupo travestito da becco. Il quale a questo punto le risponde dicendo che «purtroppo la mia telecamera si è rotta. Sarebbe meglio se potessimo incontrarci nel bosco». La capretta è eccitata dall'idea di conoscerlo, va all'appuntamento e... Ci piacerebbe che ora arrivasse il cacciatore di Cappuccetto Rosso, aprisse la pancia del lupo ed estrasse viva l'imprudente capretta, ma il brutto di certe fiabe moderne è l'assenza di incanto: «Da quel giorno – conclude la voce narrante del sito della Prevenzione svizzera della criminalità – di lei si perse ogni traccia». Se volevano terrorizzarci ci sono riusciti.

Ma nella quasi assenza di una tradizione orale che ai piccoli d'uomo insegna le insidie della vita coi racconti dei grandi, anche le trucide fiabe online possono venire utili. Sperando che i ragazzi le leggano o che i loro genitori trovino un modo più soft di raccontargliele. Perché non basta chiudere gli occhi o togliere la corrente dal tablet per far sparire i lupi, quelli veri, dal mondo reale. Qualche giorno fa un professore australiano 49.enne è stato incriminato a Canberra con 900 capi d'accusa tra cui stupro, possesso di materiale pedopornografico e adescamento di minori attraverso un servizio di comunicazione online. Si spacciava per l'idolo dei teenager Justin Bieber e chiedeva ai suoi piccoli fan di inviargli foto che li ritraevano nella più totale intimità. Il resto veniva da sé.

Siamo risolutamente contrari alla demonizzazione di chat e social network. Anche per i più giovani sono invenzioni geniali e occasioni di conoscenza e socializzazione straordinari. Ma come ogni presunto Paradiso in terra bisogna guardarsi dai serpenti (dai lupi, dai porci). Bisogna sapere che – fra tante cose positive – esistono anche loro, i predatori. Che mentono. Che lusingano. E che mordono. Se una brutta fiaba può aiutare noi e loro a ricordarcene, sia la benvenuta.