La cometa e le illusioni

Da bambini si aspettava la luna piena tutti i mesi ma in uno soltanto si aspettava la magica stella cometa che non arrivava mai e restava nei sogni come una promessa per l’anno seguente. Poi si cresceva e l’attesa svaniva ma diventati adulti e genitori si continuava a raccontare ai bambini quella storia che ci accompagna fin dai tempi in cui venne allestito il primo presepio e da allora si pone sulla capanna una cometa colorata in oro, quella stella fiabesca che con la sua coda indicò ai Re Magi la direzione per arrivare alla grotta che aveva raccolto la nuova luce splendente per gli uomini. Nel Vangelo ne parlò Matteo raccontando che i Magi avevano chiesto dove fosse il luogo della nascita. Tre re in cammino per onorare quello che veniva già chiamato il «Re dei re». Ci facevano sorridere i loro nomi inconsueti: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, che venivano dati raramente ma con un fine propiziatorio.
Il primo presepio lo allestì un frate isolato che ne chiese il permesso al Papa e pose in una grotta vicino al suo convento una mangiatoia e vi portò soltanto un bue e un asino. Poi vi radunò decine di poveri affamati e distribuì pane e zuppa. Si chiamava Francesco, aveva visto la Terra Santa e voleva far capire meglio ai fedeli l’umanità di Gesù Cristo nato come un senza tetto di oggi. Divenne santo e ispirò tante pagine della storia dell’arte con quella ricostruzione e con la sua vita quotidiana. Il suo maggiore raffiguratore fu Giotto che aveva dato la prima forma pittorica importante alla Natività nella Cappella degli Scrovegni a Padova e per la cometa era stato incantato da quella di Halley, che vide nel 1301. I bambini una volta restavano incantati davanti al presepio e alla cometa perché le stelle costellavano tante storie d’infanzia. A Natale ogni nonna narrava una sua storia e ogni casa aveva dolci e dolcetti a forma di stella che si diceva allontanassero il male. C’è chi ha l’illusione che a Natale il male vada a sciare o alle spiagge tropicali per qualche giorno. Da bambini si credeva e si continua a credere, però sempre meno, che sia Gesù Bambino a fare diventare gli uomini migliori. Dopo l’Epifania la stella tornava riposta negli armadi e nessuno se la ricordava più. Questo sarà un Natale diverso e i camini saranno accesi di attese ma anche di tante speranze. Non c’è tempo per le illusioni; questi tempi ci ricordano che l’incognito talvolta ha una cornucopia vuota e tocca a noi con realismo responsabile riempirla di nuove cose migliori, comprese le attenzioni a chi vive con difficoltà. San Francesco dette i primi esempi e fece della carità la priorità dei cristiani. Le illusioni servono agli attimi fuggenti. Ognuno ha le proprie.
Anche l’attrice Marlène Dietrich invitava a conservarle. È celebre l’aneddoto di quando tornata sul palcoscenico dopo vent’anni di assenza, vide un signore che la stava guardando con un binocolo per vederla meglio. Lei smise di cantare e gli disse nel silenzio: «Signore, la prego, posi il binocolo e conservi le sue illusioni». Quando un maragià regalò un diamante alla moglie di un ambasciatore, si sentì rispondere: «Grazie, ma ne ho già uno!». Allora la maharani, che conosceva la suscettibilità del marito, replicò: «Signora, ma vedo che anche lei ha due mani!». Dipende da cosa si intenda per possesso e cosa si intenda per generosità. Indipendentemente dall’anatomia e dalla scienza, c’è chi dice che vi sia un angolo riservato del cuore dove si alimentano gli affetti e una calotta del cervello in cui si sprigionano i sogni. Quando i sentimenti si incontrano con i sogni sembra che l’uomo concepisca le sue azioni migliori. Ma la nostra è un’epoca in cui il buonismo di circostanza non cambia il mondo. Non possiamo negare che l’abitudine a scadenza annuale di pensare un po’ di più al proprio prossimo è una pessima abitudine se resta un episodio isolato. Ai critici dei sentimenti e del cuore si può dire che alla fine paga di più trascorrere un giorno da agnelli che un altro giorno da sciacalli. La grandezza dell’uomo non si afferma sull’egoismo, sulle guerre e sul sopruso. Sono luoghi comuni? Può darsi. Anch’io però depongo il binocolo e conservo le buone illusioni dell’infanzia secondo le quali pensavamo che a Natale il male andasse altrove. E non potendo regalare un diamante a chi ci mangerebbe per dieci anni, pensando che comunque abbiamo due mani, sarebbe bello usarne tutti una per non rendere perdute le illusioni di chi è sfortunato ma confida nella generosità dei più fortunati.