La dittatura che poggia sull’inganno

Un primo tentativo di mettere a tacere il Parlamento il presidente Maduro lo aveva intrapreso la scorsa primavera
Osvaldo Migotto
03.08.2017 02:05

di OSVALDO MIGOTTO - La situazione precipita in Venezuela. Dopo l'arresto arbitrario di due leader dell'opposizione da parte dei servizi d'intelligence, ieri è arrivata la conferma di brogli elettorali (si veda l'articolo a pagina 4) nel corso dell'elezione dell'Assemblea costituente voluta dal presidente Maduro per tentare di togliere ogni potere al Parlamento legittimamente eletto nel 2015 e controllato dall'opposizione con una chiara maggioranza.

La divisione dei poteri è uno dei principi fondamentali dello Stato di diritto. Essa rappresenta un'importante forma di tutela della democrazia, soprattutto in quei Paesi dove l'Esecutivo cerca di accentrare il potere nelle proprie mani. E purtroppo ai nostri giorni i Governi con tendenze autoritarie non sono una rarità nel mondo. Ne sanno qualcosa anche i cittadini venezuelani che da quando sono confrontati con la cosiddetta rivoluzione bolivariana hanno visto progressivamente ridursi le proprie libertà. Dopo le espropriazioni selvagge, un sistema di cambi monetari controllati dallo Stato e l'annullamento pretestuoso di alcuni importanti appuntamenti elettorali, i cittadini del Paese con le maggiori riserve petrolifere al mondo ora stanno assistendo al piano ideato dal Governo per strappare all'Assemblea nazionale (il Parlamento) il ruolo di organo legislativo.

Un primo tentativo di mettere a tacere il Parlamento il presidente Maduro lo aveva intrapreso la scorsa primavera, predisponendo il trasferimento dei poteri dell'Assemblea nazionale al Tribunale supremo di giustizia i cui membri sono fedelissimi del «chavismo» (la forma di governo comunisteggiante introdotta dal defunto presidente Hugo Chavez). Una decisione che ha scatenato ulteriori proteste di piazza contro il regime e che ha creato le prime serie crepe all'interno del fronte «chavista»; la procuratrice generale, Luisa Ortega Díaz, ha denunciato infatti una rottura dell'ordine costituzionale, respingendo così la manovra dell'Esecutivo volta a togliere al Parlamento il suo ruolo istituzionale.

Nicolas Maduro, incassato il colpo, ha proseguito con mosse ancor più chiaramente incostituzionali, pur di rimanere aggrappato a quel potere che ha permesso a lui e alla nomenclatura «chavista» di accumulare grandi ricchezze sia attraverso il controllo dei tassi di cambio bolivar-dollaro sia tramite la gestione delle merci importate. Il cambio ufficiale attribuisce alla moneta nazionale un valore che è decisamente superiore al tasso di mercato, ma la popolazione può comprare dollari solo sul mercato nero a un prezzo decisamente più alto. I vertici del potere riescono così ad arricchirsi anche con i tassi di cambio.

Per questo appare ben mirata la misura adottata dall'amministrazione Trump di bloccare gli averi negli USA dei principali esponenti del regime Maduro. Ma in Venezuela soldi facili giungono in abbondanza anche a chi specula sulla distribuzione dei beni importati, ossia quasi tutto ciò di cui la popolazione necessita, visto che il sistema produttivo nazionale è stato messo in ginocchio da espropri e cattiva gestione. Quella controllata da Maduro è dunque una classe dirigente irresponsabile che non è più in grado di controllare né le forze di sicurezza (sono diversi i casi di cittadini derubati da militi della Guardia nazionale), né le bande armate che circolano in moto nel Paese (i temuti «colectivos») a caccia di oppositori.

Per sopravvivere, con una parvenza di legittimazione popolare, il presidente venezuelano non poteva dunque che inventarsi un'Assemblea costituente con una procedura che non rispetta neppure la Costituzione fatta approvare da Hugo Chavez nel 1999 con un referendum che registrò una partecipazione dell'87% degli aventi diritto al voto. Così lunedì scorso la procuratrice generale del Venezuela, Luisa Ortega Díaz, ha definito le elezioni per l'Assemblea costituente «uno schiaffo al popolo e alla sua sovranità», che serve solo a soddisfare le «ambizioni dittatoriali» di un «piccolo gruppo» che vuole perpetuare «il potere assoluto in mano ad una minoranza».

Elezioni che non solo appaiono illegittime in base ai dettami dell'attuale Costituzione, ma che addirittura sono viziate da brogli. Ieri infatti una ventina di tecnici della Smartmatic, la società che da oltre un decennio presta supporto logistico per le elezioni in Venezuela, sono stati portati fuori dal Paese, prima che i responsabili dell'azienda annunciassero la manipolazione dei dati sull'affluenza nelle elezioni per l'Assemblea costituente di domenica scorsa. Il regime dittatoriale avviato da Maduro e condannato da numerosi Stati, alcuni dei quali hanno già annunciato sanzioni nei suoi confronti, si sta dunque instaurando con la violenza, il mancato rispetto della Costituzione ed evidenti brogli. Hugo Chavez si rivolterà nella tomba.