La manovra del Governo Conte

IL COMMENTO DI ALFONSO TUOR
Alfonso Tuor
06.10.2018 06:00

di ALFONSO TUOR - È molto inquietante il dibattito sulla manovra finanziaria schizzata dal Governo gialloverde italiana. Eppure essa risponde alle necessità di un Paese alle prese, da un canto, con un'economia imballata, che cresce poco e molto meno dei partner europei e, dall'altro, con una bomba sociale rappresentata da oltre 5 milioni di poveri, da una disoccupazione sempre molto elevata e da quella giovanile a livelli altissimi, che provoca una emigrazione crescente dei giovani più intraprendenti. Non vi è dubbio che gli obiettivi di bilancio non rispettano le intese con Bruxelles, ma è pure certo che questi accordi non hanno prodotto gli effetti desiderati. L'economia ha registrato una crescita molto modesta e non sufficiente a rimarginare le ferite sociali di anni di crisi e il debito pubblico non solo non è diminuito, ma è addirittura aumentato. La scommessa della coalizione gialloverde rovescia la politica dell'austerità, che finora ha prodotto una «decrescita infelice», per scommettere su un'accelerazione dell'espansione che permetterebbe in un secondo tempo di ridurre sia il disavanzo sia il debito pubblico. Infatti al reddito di cittadinanza, che assomiglia alla nostra assicurazione contro la disoccupazione, all'aumento delle pensioni minime, alla riforma della legge Fornero sulle pensioni affianca la riduzione della pressione fiscale sui piccoli imprenditori e sui lavoratori autonomi, un piano di investimenti pubblici di 18 miliardi di euro e una serie di propositi indispensabili per l'Italia, come la riforma della  giustizia civile e dell?apparato burocratico, con l?obiettivo di favorire l?accelerazione della crescita.

Anche i mercati finanziari che all?inizio avevano reagito con nervosismo alle intenzioni rese pubbliche dal nuovo Governo, sembrano ora essere più tranquilli. Infatti il famoso spread, ossia il differenziale tra i rendimenti delle obbligazioni pubbliche a 10 anni italiane e quelle tedesche, sta lentamente scendendo e altri indicatori, come il rafforzamento dell?euro nei confronti del franco svizzero, mostrano che non si teme l?apertura di una nuova crisi della moneta unica. Anzi la previsione di un rilancio della ripresa viene confortata dal differenziale tra i rendimenti dei BTP a 10 anni e a 2 anni, che si mantengono in una fascia di oscillazione tra i 200 e i 300 punti base. Alla luce di queste considerazioni inquieta l?atteggiamento delle  massime autorità dell?Unione europea e della stragrande maggioranza degli organi di informazione che sembrano quasi sollecitare la discesa in campo dei mercati finanziari per punire un Governo che osa sfidare i «dogmi» economici sanciti nel Trattato di Maastricht. Indubbiamente l?eventuale successo (tutt?altro che certo) del Governo italiano di scommettere sulla crescita non rappresenterebbe solo un grande smacco per le ricette europee dell?austerità, ma anche una sconfitta per l?establishment che detiene il potere a Bruxelles. Smacco e sconfitta ancora più brucianti poiché cadrebbero alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo che molto probabilmente determineranno un radicale cambiamento degli equilibri politici del Vecchio Continente. Al centro di questa battaglia senza  esclusione di colpi tra i partiti tradizionali e i nuovi movimenti populisti e sovranisti si trova proprio la coalizione di governo italiana. Appare difficile immaginare che sia Bruxelles sia i grandi gruppi finanziari ed economici possano permettersi una crisi finanziaria dell?Italia che rimetterebbe in subbuglio l?intera area dell?euro. Appare invece più probabile leggere le minacce delle autorità europee, confortate dalle paure diffuse a piene mani dai grandi organi di informazione del continente, come un tentativo di far indietreggiare il Governo gialloverde e di raggiungere un compromesso a dimostrazione che i progetti dei movimenti populisti e sovranisti sono illusioni impossibili da concretizzare. La battaglia è però solo alle scaramucce iniziali ed è impossibile prevedere come si svilupperà e soprattutto come si concluderà.